Altro importante appuntamento

 

giorgetti,pecce,cadonati,INCONTRO PUBBLICO

 Lunedì  18 febbraio 2013 – ore 21 Presso la Sala Galmozzi della Biblioteca Caversazzi – in Via Tasso

75 % delle tasse in Lombardia:
dall’utopia alla realtà
– percorsi di economia politica –

 Conversazione con l’onorevole Giancarlo Giorgetti
Presidente della commissione Bilancio
Candidato alla Camera per le elezioni politiche

intervistato  da

Luisa Pecce, candidata alle regionali in Lombardia
Roberto Cadonati, candidato alle politiche per la Camera

“Cimitero islamico, l’apertura è un diritto oppure un privilegio?”

Egregio Direttore,
 
mi permetto di inviare questa lettera per dare un piccolo contributo alla discussione che in queste ultime settimane si è accesa sul tema dell’apertura del cimitero islamico di Colognola. Premetto che non è mia intenzione entrare nel merito delle questioni amministrative o legali in corso, né tanto meno esprimere un giudizio politico sulla questione.
Da semplice cittadino, dopo aver letto tanti articoli e commenti, voglio esprimere una mia considerazione sul problema.
È “una questione di civiltà, umanità e giustizia” ha ribadito il sindaco Tentorio. Vi sono “i diritti in gioco” ha scritto il Vice Presidente Acli di Bergamo. Numerosi giornalisti parlando del funerale del piccolo Yasin (seppellito grazie ad una deroga del sindaco nel cimitero di Colognola) hanno titolato “Yasin, simbolo del dialogo”. I genitori del piccolo Yasin hanno detto che “si può vivere uniti e in pace anche se di religioni diverse” e poi ancora “è ora che ci si renda conto che questa è l’Italia e che l’amore vince su tutto, anche sugli scontri tra religioni e battaglie politiche”.
Sono frasi molto belle e toccanti queste che ho appena riportato, sono frasi che partono tutte da un presupposto: gli islamici non possono seppellire i propri cari in Italia e soprattutto a Bergamo. Commentando la presenza al funerale dell’Assessore ai servizi sociali, il Presidente della Comunità Islamica Bergamasca, a conferma di quanto sopra riportato, ha detto: “Per noi la convenzione non può aspettare. Ci vediamo costretti a portare le salme dei nostri morti nei paesi d’origine, ma si tratta di cittadini italiani, le cui famiglie vivono qui da anni”.
E se questo presupposto fosse falso? E se l’apertura di una sezione speciale del cimitero islamico in Colognola fosse un privilegio e non un diritto? Mi spiego meglio.
Tutti i cimiteri di Bergamo e d’Italia non sono cimiteri cattolici, sono cimiteri civici dove possono essere seppellite tutte le persone senza distinzione di origine, di cittadinanza e di religione. Pertanto in tutti i reparti del Cimitero Monumentale e degli altri due (Grumello e Colognola) i musulmani possono oggi, ma anche ieri essere tranquillamente seppelliti.
E quindi dove è il problema a Bergamo? È forse impedito a qualcuno che abbia una religione diversa dalla cattolica di seppellire i propri cari? Non mi risulta.
E allora come mai nasce questo equivoco? Come mai si fanno affermazioni tanto toccanti quanto fuorvianti? Per difendere una idea o un progetto, dico io, che è tutto il contrario dell’ideale di integrazione che gli stessi rappresentanti della comunità musulmana vogliono far credere.
Infatti la legge italiana dà facoltà e non obbligo ai Comuni di istituire all’interno dei cimiteri civici delle sezioni speciali per i non cattolici, forse nella convinzione che l’integrazione si può conseguire anche condividendo gli spazi all’interno dei cimiteri, senza creare particolari delimitazioni.
In ogni caso, tutte le regole del cimitero civico e sottolineo tutte, devono essere rispettate anche nelle sezioni speciali, in quanto parti integranti del cimitero stesso.
Il fatto che la Comunità Islamica di Bergamo, per esempio, abbia espressamente voluto e ottenuto un accesso con una porta distinta rispetto all’entrata utilizzata da tutti mi fa pensare che non ci sia una volontà di integrazione ma invece una volontà di distinzione e separazione rispetto alla nostra comunità. Le istituzioni devono quindi assecondare tale rivendicazioni ? E più in generale noi tutti intesi come comunità dobbiamo accettare, per paura di essere tacciati di razzismo, tale visione di “integrazione”?
Io penso di no, penso invece che le tematiche dell’integrazione debbano essere strettamente collegate al rispetto delle regole (che debbono valere per tutti ), al principio dell’equità e al principio che i fondamenti delle nostra cultura e del nostro “stare insieme” non possono essere derogati per i desideri di alcune minoranze.
 
R. Cadonati

La responsabilità civile dei giudici.

toghe rosse.jpgUn emendamento del deputato leghista Gianluca Pini, passato contro il parere del governo tecnico(???) Monti, consente, a chi si senta danneggiato dalla decisione di un giudice in un processo, ad agire direttamente nei confronti del magistrato anzichè, come avviene da sempre, nei confronti dello stato.   Ricordiamo che sulla responsabilità dei giudici si era già espresso favorevolmente il popolo italiano in un referendum che, come altri, leggi finanziamento ai partiti, era stato prontamente aggirato con norme che tuttora disattendono la volontà popolare. Tale incongruenza comunicativa segnala una democrazia di facciata, cioè la sua sostanziale totale assenza. Che senso ha consentire un referendum popolare se poi non si dà seguito alla volontà espressa dal voto? Non è forse esprimere, con totale protervia, che le direttive del popolo si seguono solo se gradite e che la volontà dei vari potentati, più o meno ammantati dal sacro velo istituzionale, è ciò che realmente conta?
Di tale protervia si fanno questa volta paladini i magistrati, che, dopo essere riusciti a sventare, direttamente o indirettamente, le direttive referendarie, si oppongono al voto, democraticamente espresso in parlamento, cioè dal popolo che ha nel parlamento i propri rappresentanti, che introduce la norma sulla loro diretta responsabilità.
In un convegno a Bergamo sul tema della responsabilità dei giudici, presente il rappresentante territoriale dell’Anm e un giudice componente del comitato direttivo centrale dell’Anm oltre a rappresentanti politici e di altre istituzioni, il giudice Ezia Maccora afferma: “Il magistrato si trova a decidere tra due parti. Sia che condanni, sia che assolva scontenta per forza una delle due (…) “se passasse il messaggio che il giudice crea danno ogni volta che scontenta qualcuno, l’attività si bloccherebbe (…) non saremmo più sereni nel giudicare con il rischio di scegliere la strada indicata da sentenze già emesse piuttosto che contribuire all’evoluzione del diritto”. Ora io non sono uno studioso di diritto e non voglio entrare nel merito giurisprudenziale, sono però competente in pragmatica della comunicazione e da questo punto di vista analizzerò il messaggio e i suoi effetti dettagliando la mia analisi.

  1. “Il magistrato si trova a decidere tra due parti”: molti di noi, io tra questi, credono che il giudice sia chiamato all’applicazione delle leggi in vigore e non già a decidere in favore di una tra due parti, eventualmente in contesa tra loro, la decisione è “effetto” dell’applicazione della legge e non la causa.
  2. “ …se passasse il messaggio che il giudice crea danno ogni volta che scontenta qualcuno, l’attività si bloccherebbe..” In questo passaggio abbiamo, ben due violazioni comunicazionali relative alla categoria- modifica del significato-.

                                                  i. La prima è un presupposto che è conseguenza dell’affermazione precedente e cioè che la contestazione al giudice sia motivata dalla scontentezza di una delle parti per effetto della decisione del giudice e non già dovuta al fatto che il giudice, attraverso una scorretta o errata interpretazione della legge, danneggi una delle due parti. Il termine scontentare richiama uno stato d’animo di cui sicuramente il giudice non si deve occupare, e il punto in questione non è lo stato d’animo ma la corretta osservanza dei fondamenti del proprio lavoro da parte del giudice stesso. Nel caso opposto si ha un danneggiamento di cui è deve farsi carico colui che lo ha indebitamente prodotto, cosa che avviene per tutte le altre categorie di lavoratori e di professionisti. Anche il vigile urbano quando dà una multa scontenta chi la multa la deve pagare, e il fatto che passi costantemente il messaggio che “il vigile scontenta l’automobilista” non ha mai impedito che il vigile la elevi e che il cittadino possa opporvisi, posto che riesca a dimostrare l’infondatezza della violazione.

                                                  ii. La seconda violazione è del tipo causa-effetto. L’affermazione “se passa il messaggioàl’attività si bloccherebbe” non è dimostrata: in che modo una idea (del danno) può bloccare una attività? Avete mai visto idee che se vanno per il mondo a incatenare la gente? È chiaro che no! Forse si vuol affermare che i magistrati si bloccherebbero se la norma entrasse in vigore? Non mi risulta che i ricorsi alle contravvenzioni al codice della strada abbiano bloccato l’attività dei vigili, e perché mai dovrebbero (ma è anche vero che neppure per i vigili esiste la responsabilità professionale)

  1. “ Non saremmo più sereni nel giudicare” Cioè il giudice vorrebbe/potrebbe, magari serenamente, giudicare colpevole un innocente, così che, oltre alla volontà di deresponsabilizzarsi, vuole anche evitare il confronto con eventuali sensi di colpa? Io, forse ingenuamente, penso che se un giudice applica la legge correttamente possa anche dimostrarne la corretta applicazione, in particolare se è un altro giudice a chiedergliene conto. Se un magistrato ammette l’assoluta indeterminatezza della valutazione del reato o della sentenza siamo fritti.
  2. “con il rischio di scegliere la strada indicata da sentenze già emesse , piuttosto che contribuire all’evoluzione del diritto”. Secondo il giudice è un rischio (quale?) scegliere la strada indicata da sentenze già emesse. Ma la giustizia è creativa? Se la risposta è sì a maggior ragione ben venga la responsabilità civile dei magistrati.

Roberto Cadonati

Luisa Pecce, dal Mosaico alla segreteria della Lega

La Lega di Bergamo ha il eletto il proprio segretario cittadino. pecce mosaico.jpgE’ Luisa Pecce (nella foto mentre presenta le osservazioni al Pgt) , eletta nella serata di martedì 24 febbraio per acclamazione da circa il 60 per cento degli aventi diritto al voto che hanno partecipato al congresso alla presenza di Roberto Castelli, commissario del Carroccio a Bergamo e sottosegretario alle Infrastrutture.  Elezione avvenuta dopo due anni di commissariamento e dopo due tentativi di elezione andati a vuoto, il primo per volere del senatur Bossi (che sarà a Bergamo al Mascheroni il 21 marzo), il secondo un paio di mesi fa per il pareggio tra i due candidati, Riccardo Cortinovis ed Edoardo Rho. Ora il testimone passa a una donna, nota in città in quanto coordinatrice del settore ambiente della rete indipendente “Il Mosaico” e per essere consigliera della quarta circoscrizione. A Luisa Pecce il delicato incarico di gestire la tornata elettorale del 6 e 7 giugno insieme al direttovo scelto martedì: Roberto Cadonati, Riccardo Cortinovis, Giuseppe Epis, Enrico Facoetti, Massimo Leardini, Giovanbattista Marcarini, Manuela Paravisi, Guglielmo Redondi, Alberto Ribolla, Edoardo Rho. (BergamoNews,25-2-09)