FINI INCOMPRESO

Colpisce l’incapacità di comprendere Fini. Ma vi pare possibile che un uomo navigato, accorto e calcolato come lui si lasci trasportare e rovinare da discorsi fumosi, da malesseri imprecisati, da gelosie personali, da ipotesi palesemente autolesioniste? Cari amici non ci siamo. La chiave di lettura è che egli non è un uomo libero bensì dipende da padroni che adesso gli chiedono, gli intimano di agire. E l’azione richiesta -ça va sans dire- è impedire al governo di fare riforme, certe riforme. Già nel numero 86 (“Vi spiego Fini” del 28 novembre 2009) mostrai che i malumori finiani venivano da ambienti conservatori da sempre bene annidati in An: magistrati timorosi di Alfano, baroni universitari timorosi di Maria Stella, burocrati centrali e periferici timorosi di Brunetta e Calderoni, politici irritati con Tremonti. Ma a questi va aggiunto il più: il timore del federalismo, che se ci ho capito qualcosa deve comportare una diminuzione del fiume di denaro da nord a sud. Qui sta tutta la partita, sul denaro. Quel denaro facile dello stato, cui classi, ceti, gruppi e familismi parassitari non possono rinunciare e per il quale sono disposti a tutto, anche spaccare l’Italia, di cui naturalmente daranno la colpa alla Lega, col coro forte
della sinistra (i bambini della repubblica peninsulare impareranno questo sui libri di testo).
Il timore del federalismo non viene più nascosto, è comparso in mezzo al minestrone delle accuse e dei malesseri di Fini di questi giorni. Tutto il resto, leggi elettorali, quadri istituzionali, coppie di fatto e omosex, voto agli immigrati, vita ed etica, giustizia, è mero contorno che Gianfranco ha utilizzato per alzare cortine fumogene attorno all’osso che conta, per preparare attacchi e l’attacco sull’osso che conta. Ora che il tempo stringe bisogna aizzare contro la Lega, anche se essa non offre argomenti e capi d’accusa precisi, l’importante è un pretesto per azzoppare subito i supposti tre anni di riforme. Alla Lega non ha potuto rimproverare nessuna intemperanza o forzatura, bensì ne deve enfatizzare un presunto prepotere per nasconderne l’unica colpa imperdonabile: quella di esistere.
Bruciare “incomprensibilmente” proprie validissime prospettive personali (oggi Fini, ieri Casini) appare come contraddizione solo al pubblico poco accorto, che non immagina dei segreti legami, ma trova spiegazione piena nel rapporto inconfessato di dipendenza, senza il quale, peraltro, non avrebbero mai raggiunto la notevole posizione che hanno. E’ questa intima consapevolezza a rendergli digeribile la perdita delle ottime prospettive personali.
Tuttavia Berlusca, Bossi, il Nord, i liberali e i patrioti di tutta Italia, a fronte di questa resa dei conti tra nord e sud, prevista da anni, non devono compiere l’errore di regalare tutto il sud al partito del sud. Nel sud infatti c’è molta gente consapevole che la propria condanna sta esattamente in quel fiume di denaro pubblico, che è il carburante delle mafie. E a chi pelosamente ripropone la storia dell’egoismo del nord e il dovere di aiutare le regioni e le zone povere del sud, bisogna rispondere che quel fiume di denaro ha sempre ingrassato i ricchi delle regioni povere, non i poveri, che tali rimangono e tali rimarranno finché quel fiume continua a inquinare. Ecco dunque tutto è chiaro: la mafia di stato (i mandarini della spesa pubblica sparsi nello stivale) chiama, soci e dipendenti rispondono.
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Vedo bene che in questo ragionamento c’è un punto debole: se è vero che lo scontro è tra nord e sud, non si capirebbe perché il grosso dei molti parlamentari meridionali non si sia schierato con Fini. Ma date tempo al tempo, temo che la vicenda non sia conclusa col voto del consiglio nazionale di giovedì 22 aprile, e le parole di Bossi del giorno dopo confermano il timore della impossibilità di procedere utilmente sulle riforme. La vicenda soprattutto (a pensarci bene) reca una morale autocritica su tutto il quasi-ventennio berlusconiano: senza l’igiene che viene dalla libertà dal parassitismo, il Sud sarà la tomba del sistema. Il difetto di non aver mai preteso/praticato quell’igiene, oggi -temo- presenterà il conto.
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Dipendenza dal partito della spesa pubblica parassitaria, abbiamo detto. Ma non è escluso che pesino altre due dipendenze. Una dall’internazionale mondialista (l’internazionale dei froci coma la chiama un mio conoscente), l’altra -sempre di caratura internazionale- da chi fin dal ’94 non vede affatto di buon occhio un’Italia che fa di testa propria.

Lettera Firmata

FINI INCOMPRESOultima modifica: 2010-04-25T13:54:00+02:00da leganord.b
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