Mafie: al Sud pochi ricchi e tanti poveri

Luca Ricolfi, sociologo, docente di Analisi dei dati all’Università di Torino quest’anno ha pubblicato un libro, «Il sacco del Nord» (Guerini & Associati) che ha fatto discutere. Ma non quanto dovrebbe. Se si sfogliano per bene le sue pagine ci si accorge per esempio che Ricolfi descrive anche, dati alla mano, uno speculare «sacco del Sud» a opera delle mafie – cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta – che tengono in scacco tre intere Regioni del Paese. Se si mettono uno di fronte all’altro questi due processi di spoliazione, in cui i fattori economici legano le mani alla politica, si ha un profilo molto preciso dell’Italia di oggi. E non è un bel ritratto.
Dall’evasione fiscale (Lombardia sotto il 13%, Calabria all’85%) ai falsi invalidi, il bilancio in questo «Sud del Sud» è costantemente negativo. Pensa che ci sia un legame tra i gravi squilibri economici che il suo studio rileva e l’infiltrazione mafiosa?
«Senz’altro. L’evasione ma anche l’eccesso della spesa pubblica, gli sprechi e le inefficienze nell’erogazione dei servizi sono fenomeni molto più intensi in Campania, Calabria e Sicilia che altrove. Il gruppo della rivista che io ho fondato, Polena, ormai non divide più l’Italia in modo tradizionale ma considera quattro aree: il Nord, le “Regioni rosse”, poi tutte quelle del Centro-Sud – compreso il Lazio – non controllate pesantemente dalla criminalità organizzata e infine, appunto, le “tre regioni di mafia”».
Qual è l’effetto più evidente delle mafie sul piano economico?
«Secondo la nostra ricostruzione, la povertà. Al Sud i poveri sono dal 50 al 70% più numerosi che al Nord, secondo alcuni calcoli sarebbero addirittura il doppio. E questo avviene in modo particolare in quelle tre regioni. Per due ragioni fondamentali. La prima è che la diseguaglianza è molto più forte al Sud: le statistiche della concentrazione del reddito ci dicono che esso è molto polarizzato, mentre non lo è nel Nord, ad esempio nel Triveneto. Grazie al controllo mafioso dell’economia una minoranza – i cui profitti poggiano sul lavoro nero, che è ingente nel Mezzogiorno – si arricchisce enormemente. Secondo fattore, la bassa quantità e qualità dei servizi pubblici. L’intervento della criminalità organizzata negli appalti e nell’erogazione dei servizi danneggia soprattutto i ceti inferiori. Essendoci al Sud dei servizi pubblici molto più scadenti, o addirittura assenti, questo crea povertà perché la funzione fondamentale di questi interventi è aiutare i più deboli, che non possono permettersi dei servizi alternativi».
Sta dicendo che l’assenza dello Stato al Sud la pagano i poveri?
«Certo. Tutta una parte di questo libro è in realtà pro-Mezzogiorno: mostra come il federalismo fiscale, in quanto mira ad aumentare la produttività della pubblica amministrazione, e la lotta alla criminalità organizzata avrebbero dei grossi vantaggi sul Sud. Quando il tessuto criminale sarà stato ridotto, quando la pubblica amministrazione sarà più efficiente i poveri staranno meglio».
Restano quei 50 miliardi di euro che ogni anno prendono il volo dalle tasche del Nord.
«L’ultima finanziaria era di 25 miliardi di euro, nell’anno più pesante della crisi, l’anno prossimo ne sono previsti 12. Il “Sacco del Nord” esprime cifre che sono quindi tre o quattro volte una finanziaria, e che pesano interamente sull’area più produttiva del paese. Siamo in una situazione in cui il divario fra Nord e Sud è addirittura capovolto rispetto a ciò che normalmente si pensa: qui noi abbiamo un prodotto pro capite molto più alto, ma quando andiamo a vedere l’appropriazione, cioè i consumi che ci possiamo permettere in base alle ore di lavoro che eroghiamo, il Nord è sotto spoliazione».
Il suo libro però difende le buone ragioni di un certo Mezzogiorno.
«Che ci sono. E non manca di criticare alcune Regioni del Nord. Ne abbiamo quattro che non funzionano, non sono efficienti: attraggono più fondi di quello che sarebbe ragionevole in base al reddito che producono o alla popolazione che hanno».
Chi sono questi «lavativi del Nord»?
«Liguria, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Friuli. Quattro regioni su otto: la situazione è più complicata di quello che si potrebbe pensare. Una delle idee base di questo libro è l’importanza del senso di responsabilità individuale. Non vorrei mai che ora passassimo da 150 anni di vittimismo del Sud a un contro-vittimismo del Nord. Nessuno deve fare la vittima, tutti dobbiamo semplicemente prenderci le nostre responsabilità».
La nazione è un valore: va tenuta insieme.
«Il mio è uno studio fatto di dati e di analisi, non mi sono posto questi problemi».
Politici.
«Se lei proprio mi chiede il mio parere, io penso che il federalismo sia un modo di tenere unita la nazione. È una delle ultime possibilità che abbiamo per evitare la scissione del Nord».

(da Eco di Bergamo,8-9-10)

Mafie: al Sud pochi ricchi e tanti poveriultima modifica: 2010-09-09T09:59:00+02:00da leganord.b
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