La Lega, partito di popolo

La sua concretezza fa breccia nelle regioni ex-rosse
I numeri spesso parlano con eloquenza. Non ci sarebbe, quindi, bisogno di troppi commenti a queste percentuali: Emilia-Romagna, 13,7; Toscana, 6,5; Umbria, 4,33; Marche, 6,32. Sono i livelli raggiunti dalla Lega alle regionali. Simili percentuali nella prima repubblica avrebbero destato l’invidia di una mezza dozzina di partiti storici. Per molti anni la Lega ha cercato di espandersi al Sud. Non ce l’ha mai fatta. Anche a Roma non è mai riuscita ad ottenere risultati che le consentissero d’insediarsi. I richiami al federalismo, la ricerca di qualche personaggio autonomista locale, l’alleanza con microformazioni meridionalistiche ha prodotto poco o nulla. Diverso, invece, il caso delle tre regioni “settentrionali” del centro, e poi dell’Emilia-Romagna. Qui la Lega non è più un fenomeno folcloristico. O si è impiantata come partito di medie dimensioni, in qualche zona perfino di massa, oppure raccoglie un elettorato d’opinione di tutto rispetto. L’aspetto che più colpisce gli osservatori è comune a tutte queste plaghe a sud del Po. Siamo nelle zone rosse. Sono province nelle quali, con qualche eccezione (da Lucca ad Ascoli a poche altre), dal 1946 in poi la sinistra ha dominato. Oggi la Lega vi penetra, sottraendo voti alla stessa antica base comunista. Bondeno ha un sindaco leghista, in una provincia, Ferrara, ove i partiti moderati potevano al più sperare, per decenni, di avere una presenza all’opposizione un po’ più consistente rispetto all’elezione precedente. E amministratori leghisti si affacciano non soltanto sotto il Po, ma finanche sotto l’Appennino. La gente, all’evidenza, li stima e traduce in voto politico il credito amministrativo che essi riescono ad ottenere.Partito di popolo, la Lega per quote sempre meno sottili di cittadini tosco-emiliani, romagnoli, umbri, non appare come un movimento rozzo, xenofobo, parolaio, bensì come un partito serio, che mantiene i propri impegni, non compromesso col mondo della politica negativamente intesa. In tal modo i leghisti si affermano non soltanto nelle zone un tempo bianche, ma altresì nella scarlatta Romagna, giungendo a lambire la capitale. Alla chiusura delle urne, i risultati delle elezioni provinciali dell’Aquila davano quasi l’1% al partito di Umberto Bossi. Presenza in sé insignificante, tuttavia tale da far capire che persino in Abruzzo qualche elettore sente il richiamo leghista. A un certo numero di elettori del Pdl, poi, la Lega sembra dare un’immagine di maggior sicurezza, di attività più solida, di coerenza, immagine che nel partito di Silvio Berlusconi stentano a trovare. Le sparate sui dialetti, le assurdità sui fucili pronti, i richiami a forme devozionali ataviche probabilmente a moltissimi elettori della Lega non interessano; ma essi non vi fanno neppure caso. Guardano a un partito chiuso con rigore a sinistra, dichiaratamente nemico degli sprechi pubblici, meritevole di fiducia. E se nel Lombardo-Veneto gli operai votano in maggioranza per il Carroccio, pure nelle regioni rosse si avvertono mutamenti in simile direzione.
La Lega, partito di popoloultima modifica: 2010-03-31T14:19:00+02:00da leganord.b
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