L’avanzata del cemento

Ogni giorno sparisce un campo da calcio. La Lombardia, in sei anni, ha perso quasi 23 mila ettari di verde

In dieci anni si è costruito l’equivalente della città di Bergamo

Ma quanto terreno ci siamo mangiati in questi anni? Quanto spazio il cemento e l’asfalto hanno tolto al verde, all’erba, agli alberi e alla campagna? La sensazione è che fra il 2001 e quest’anno l’attività edilizia si sia scatenata, che condomini, villette a schiera e capannoni abbiano invaso il nostro territorio, una sorta di esercito di occupazione che si è schierato alle porte della città e nei fazzoletti di terra liberi che ancora resistevano. Ma è davvero così? Il forte incremento della popolazione dell’hinterland sembrerebbe confermare questa impressione. Ma esistono altri dati interessanti che vengono forniti dall’Osservatorio nazionale sui consumi di suolo, un organismo fondato dal Politecnico di Milano con Legambiente e l’Inu, Istituto nazionale di urbanistica.

Scopriamo per esempio che in Lombardia, fra il 1999 e il 2005, il verde ha perso 22 mila e 954 ettari. Siccome un ettaro equivale all’incirca a un campo da calcio regolamentare, a undici, significa che cemento, asfalto e compagnia si sono espansi su un territorio che equivale a 23 mila campi da calcio. Non poco. Per usare un altro termine di paragone: è come se in Lombardia fossero sorte circa cinque nuove città grandi come Brescia. In soli sei anni. E siccome fra il 2005 e il 2009 l’attività edilizia non è rallentata più di tanto, è legittimo pensare che quei quasi 23 mila ettari oggi siano ben oltre i trentamila.

E a Bergamo che cosa è accaduto in questi anni? Ruspe, gru e cazzuole hanno lavorato alla grande. Al 1999 il «coefficiente di copertura urbanizzata» della nostra provincia era del 12,3 per cento. Sei anni dopo, nel 2005, era al 13,3 per cento. Un salto in avanti formidabile. Come dire che in sei anni ogni nostro paese è cresciuto di un dodicesimo, cioè circa l’8,5 per cento. Dove prima c’erano dodici case, oggi (nel 2005) ce ne sono tredici. Ma dal 2005 al 2009 le imprese non si sono fermate e l’occupazione del suolo è cresciuta avvicinandosi al quattordici per cento. In valore assoluto, dal 1999 al 2005 la parte urbanizzata è cresciuta di ben duemila e ottocento ettari. Se consideriamo che l’espansione edilizia è andata avanti per altri quattro anni fino a questi giorni del 2009, possiamo ben affermare che in dieci anni sul territorio bergamasco si è costruito l’equivalente di una città di Bergamo in più. Non poco. A fronte di una crescita della popolazione pure notevole se pensiamo che, soprattutto grazie all’immigrazione, siamo passati dai 973 mila abitanti del 2001 agli attuali un milione e ottantunomila. Oltre centomila residenti in più. Anche questo dato conferma che in una decina di anni è nata una Bergamo in più. Dal punto di vista demografico e dal punto di vista del cemento. Per contro la superficie agricola si è ridotta di circa tremila e quattrocento ettari. Mantenendo come unità di misura la superficie del comune di Bergamo abbiamo un’ulteriore conferma dell’andamento: in questi pochi anni l’agricoltura ha perso una superficie pari circa all’estensione della città. Siamo passati dal trenta al 28,7 per cento di terra coltivata nella nostra provincia. È come se ogni giorno in Bergamasca siano stati divorati dall’urbanizzazione 1,6 ettari. Ovvero un campo da calcio e mezzo al giorno. Un dato impressionante.

Un’occhiata a quanto accaduto al resto della Lombardia ci informa che Bergamo è in linea con il resto del territorio. A Brescia fra il 1999 e il 2006 (il dato è più aggiornato rispetto a quello bergamasco) la superficie urbanizzata è passata dal 9,9 all’11 per cento del territorio. La crescita è simile alla nostra, anche se il nostro territorio risulta in assoluto più urbanizzato (Brescia è all’undici, noi ben oltre il tredici per cento). Como, Cremona, Lecco, Pavia, Sondrio presentano un aumento della superficie urbanizzata inferiore all’uno per cento, quindi inferiore a quella di Bergamo. L’aumento è invece maggiore a Milano, Lodi, Mantova e Varese. Il territorio più urbanizzato è quello di Milano con il 42,5 per cento (dato aggiornato al 2007). Al secondo Como (15,8 per cento), al terzo Lecco (14,7) e al quarto Bergamo (13,3 per cento).

L’Osservatorio ha raccolto dati anche da altre regioni, ma non si tratta di dati omogenei. Per esempio in Friuli abbiamo il dato del 1980 e poi quello del 2000. In questi vent’anni l’incremento di suolo urbanizzato a Udine è stato di solo lo 0,5 per cento, a Trieste dello 0,9 per cento, a Pordenone si tocca l’uno per cento, a Gorizia l’1,4 per cento. Si tratta di uno sviluppo di gran lunga più tranquillo rispetto a quello bergamasco. In Emilia Romagna i confronti sono fra il 1976 e il 2003. Un arco di tempo di ben ventisette anni. Anche in questo caso cemento e asfalto sono aumentati, ma con ritmo assai minore rispetto al nostro. La provincia che si è conservata meglio è quella di Forlì-Cesena con una crescita totale del 2,2 percento in ventisette anni. Quella che ha avuto la maggiore espansione edilizia è Rimini con il 7,7 per cento totale, cioè circa lo 0,3 per cento all’anno. Siamo sempre lontanissimi dalla vertiginosa urbanizzazione del territorio lombardo e bergamasco.

 

– L’allarme degli esperti: si è costruito troppo e spesso il rispetto della natura è mancato

«L’impatto ambientale non va ignorato»

«Il consumo di suolo di questi ultimi dieci anni è stato elevatissimo, superiore a quanto accadde negli anni Sessanta, che pure segnarono uno sviluppo molto forte dal punto di vista urbanistico. Io credo che né l’opinione pubblica né gli amministratori se ne rendano veramente conto. Abbiamo superato quei livelli perché bisogna considerare le grandi realizzazioni di questi anni, che da sole hanno “mangiato” migliaia di ettari di suolo. Pensiamo per esempio ai grandi centri commerciali o alle grandi infrastrutture come i centri intermodali, i parcheggi a raso… Sono cose a cui non si pensa, i dati a disposizione sono scarsi. Ma si tratta di argomenti su cui bisogna riflettere attentamente».

Fulvio Adobati, del centro studi sul territorio dell’Università di Bergamo, appare preoccupato dallo sviluppo della Bergamasca in questi anni. Preoccupazione condivisa dal suo collega Renato Ferlinghetti: «Il problema è che al grande consumo di territorio si aggiunge il fatto che non si costruisce bene, non si realizzano interventi per cercare di limitare l’impatto forte del cemento, delle infrastrutture. Esistono metodi per riuscire a conservare una certa “naturalità”, per garantire la sopravvivenza di tante specie di flora e di fauna. A volte basterebbe programmare della cortine verdi ai lati delle strade, fra i condomini, siepi di alberi e di arbusti in maniera da garantire un ambiente ancora adatto alle specie viventi, vegetali o animali che siano. Le chiamiamo “infrastrutture ambientali” per la salvaguardia ecologica. Andrebbero considerati questi accorgimenti che non sono nemmeno troppo onerosi quando si costruisce una strada nuova, quando si realizza per esempio la nuova tramvia, quando si sistemano canali e rogge. Gli enti pubblici purtroppo non chiedono questi interventi ai privati che costruiscono, chiedono piuttosto la realizzazione di altre infrastrutture che urbanizzano il territorio. Scuole e asili sono importanti, ma anche queste siepi, questi “corridoi ecologici” sono importanti. E poco costosi. Nella Ruhr, in Germania, l’area industriale è stata riconvertita, la natura è tornata fra le antiche fabbriche e zone produttive. Filari di alberi, tetti verdi, dossi erbosi al posto di muri di cemento… E c’è da sperare nei nuovi piani naturalistici comunali che aiutino a considerare il valore paesistico delle zone e quindi facciano comprendere dove intervenire con le lottizzazioni, per conservare le aree di maggiore pregio naturalistico».

(Eco di Bergamo, 20-12-09)

Basta Cemento !

Come era stato richiesto a gran voce dagli elettori : Incominciati i tagli alla cementificazione e alla svendita del territorio ai privati, previsti dalle sinistre.

Pgt, tagliati il centro Briantea e il raddoppio dell’Auchan

In tutto 70 mila metri quadri in meno destinati a terziario-commerciale
Tra cui 17 mila a ridosso di Longuelo, altri 7 mila per il polo di via Carducci

La prima sforbiciata al Pgt c’è stata. Ieri sera nella seconda seduta della Terza commissione incaricata di valutare le controdeduzioni al documento urbanistico. E non si è trattato di una sforbiciata da poco: metro cubo in più metro cubo in meno circa 250 mila, almeno 70 mila dei quali in tema di terziario commerciale. Due degli otto ambiti stralciati, riguardavano infatti, il nuovo centro commerciale Briantea, 17 mila metri quadri a ridosso del rondò di Longuelo, e il raddoppio dell’Auchan di via Carducci (7 mila metri quadri). Un taglio che ha fatto discutere a lungo – la seduta complessivamente è durata più di tre ore – e che alla fine ha visto tutti sulle posizioni iniziali: maggioranza a favore e minoranze astenute con il solo distinguo di Giuseppe Mazzoleni (Udc) che, sulla prima votazione, quella riguardante il centro Briantea, ha votato a favore. «L’aumento degli spazi commerciali in un’area già sufficientemente densa da questo punto di vista – ha sostenuto l’assessore all’Urbanistica Andrea Pezzotta a proposito di entrambi gli interventi – ci ha indotto a stralciarli». «In secondo luogo – ha aggiunto in particolare a proposito del Centro Briantea – non si può trascurare il tema viabilistico anche in vista dell’inaugurazione del nuovo ospedale».(da Eco di Bergamo,18-11-09)