Lettera aperta al Sindaco di Sorisole sui cartelli in lingua bergamasca

logo lettere padane.jpgCaro amico, cara amica

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Caro sindaco Stefano Gamba,

ho letto con sorpresa la notizia secondo cui Lei avrebbe fatto rimuovere la segnaletica in lingua locale nel comune di Sorisole.
Spiace che si continui ad aver vergogna della propria storia e della propria cultura; che si abbia paura di identificarsi in una terra, in una lingua – il bergamasco lo è – e in un popolo che ha ottenuto rispetto e apprezzamenti da secoli in ogni dove. Forse Le sfugge che nel mondo globalizzato degli spread, ovunque si punta sulla riscoperta delle identità – valore sempre positivo quando è vera come la nostra – per promuovere i territori, il turismo, le imprese e la cultura. E soprattutto nelle nostre valli sappiamo quanto avremmo bisogno di turismo per colmare il vuoto che ha lasciato un’industrializzazione che dalla Cina probabilmente non tornerà più!

Spiace anche perché con le nostre risorse la Regione Sicilia finanzia nel frattempo corsi di lingua siciliana nei curricoli scolastici, mentre noi ci premuriamo di essere i primi tra i babbei che pensano solo a lavorare a testa bassa – per gli altri? – e a pagare in silenzio!
Ci stiamo immedesimando nello stereotipo massmediatico che ci hanno cucito addosso al punto da non tentare più neanche uno scatto di orgoglio e dignità?

Spiace ancora di più se lo ha fatto per partigianeria politica: per fare un “dispetto” a quelli della Lega.  Glielo dico da leghista; sarei molto più lieto se la difesa della cultura locale non fosse solo quella esercitata dai “padani” ma fosse patrimonio di tutti.  Esattamente come ha fatto, recente esempio, l’amministrazione comunale del suo stesso colore politico di Villa di Serio, organizzando corsi di lingua bergamasca.

Lei che è il primo cittadino di Sorisole è proprio convinto che, marciando entusiasti,  allineati e coperti verso l’omologazione della cultura generalista faremo un favore alla nostra gente?   Non vorrei che per seguire il fulgido esempio dei conduttori radiotelevisivi nazionali, Lei intenda sostituire il vecchio e troppo bergamasco nome del suo paese Sürisel con il più moderno e italianissimo Sorisòle!

Dialetti da salvare: «Tèra de Bèrghem» per il bilinguismo

dialetti,lingua-bergamasca,Sono, in vendita, al convegno, i grossi volumi de «I promessi sposi» tradotto in bergamasco, ma anche il «Nuovo vocabolario italiano-piemontese». Altri libretti, dati in omaggio, scritti in bergamasco si rivolgono ai bambini delle scuole primarie. Ci sono anche le parole crociate in «lingua» bergamasca. Sono state tenute per la maggior parte in bergamasco, lombardo, piemontese, le otto relazioni, che hanno animato ieri pomeriggio il convegno organizzato dall’associazione «Tèra de Bèrghem» su «La nòsta lèngua, le nòste lèngue», al Centro congressi Papa Giovanni. La domanda generale era: perché non tenerle in vita, come tenerle in vita le lingue popolari? Per tutti una certezza: il bilinguismo rende l’intelletto e il ragionamento più rapido e vivace, inoltre rappresenta una ricchezza culturale per la società nel suo complesso. E quando si parla di bilinguismo s’intendono non solo le lingue nazionali ma anche i dialetti, «lingue» a tutti gli effetti.
Il dibattito sulle lingue minori chiude il ciclo di tre incontri dell’attività 2010-2011 dell’Associazione Tèra de Bèrghem, presidente Gianmaria Brignoli, vice Maria Angela Alborghetti. Costituita nel 2005, l’associazione si impegna a mantenere vive non solo le tradizioni ma anche il dialetto orobico (mille anni di storia ma si rischia di buttarlo via in pochi decenni). «I genitori di oggi – ha detto Marco Tamburelli, pavese, docente di bilinguismo in Galles – sono cresciuti con due mele in tasca ed ora decidono di far crescere i figli con una mela sola». La morte dei dialetti è una perdita culturale. In Galles la lingua locale è usata e difesa anche dalle persone istruite. Del resto – ha detto ancora Tamburelli – è assodato che il bambino bilingue dimostra maggiori capacità di apprendimento, è più sveglio, riflette di più. La conoscenza di due lingue è un rafforzamento per la mente e un vantaggio culturale.
Gianfrancesco Ruggeri ha parlato dei cartelli stradali, che non devono ignorare i nomi antichi dei luoghi. Questa forma di bilinguismo, diffusa in molte nazioni, da noi deve affermarsi maggiormente. Occorre tornare a chiamare le località e le vie come una volta. Altrimenti si falsa la storia: il Monte Guglielmo, nel Bresciano, è stato chiamato così da un geografo non molto professionale che ha tradotto in Guglielmo il nome dialettale «golem» che derivava dal latino «culmen», la cima più alta. Una relatrice, Ilva Gibba ha detto che in Piemonte sono stanziati fondi regionali per docenti che insegnino il dialetto nelle scuole. Pietro Arrigoni ha raccontato il successo che nei Comuni bresciani (da 15 passati a 90) hanno le rassegne dialettali note come «Natale nelle pievi». http://www.teradeberghem.net//

(da Eco di Bergamo,30-5-11)

Convegno sulla Lingua Bergamasca

“La nòsta lèngua: la lingua bergamasca”

2       Gli studiosi del bergamasco

 

Dopo il successo del primo dei tre convegni dedicati al tema La nòsta lèngua: la lingua bergamasca (svoltosi nell’ottobre del 2010, e i cui atti sono scaricabili dal sito www.teradeberghem.net), l’associazione culturale Tèra de Bèrghem propone alle scuole (docenti) e al pubblico bergamasco per sabato 12 febbraio 2011 un nuovo appuntamento di approfondimento storico sull’evoluzione della lingua bergamasca. Scarica,cliccando qui, la presentazione :  presentassiù convègn 12022011.doc   e, cliccando qui, il volantino :    Giaàss, invìd al segónd convègn TdB.pdf