Il profilo di ETTORE PIROVANO

EcoBg040409[2].jpgClasse 1949, geometra come Valerio Bettoni, Ettore Pirovano vive a Misano Gera d’Adda. Consulente di gestione per società di costruzioni, nel 1993 entra in Consiglio comunale con la Lega a Caravaggio,all’opposizione. Nel 1996 diventa deputato e l’anno dopo sindaco di Caravaggio, carica che mantiene fino al 2006: attualmente è vicesindaco. Nel 2001 passa al Senato dove viene riconfermato anche nel 2006: dal 2004 al 2006 e capogruppo leghista, mentre nel 2008 torna alla Camera. Chitarrista jazz blues, componente in gioventù del gruppo «Le corde felici», è sposato dal 1975 con Mariuccia Brambilla e ha una figlia, Daisy,in corsa alle amministrative per la carica di sindaco a Misano Gera d’Adda. Chiaramente per la Lega.

 

(da L’Eco di Bergamo/4 marzo 2009)

ETTORE PIROVANO. «In Provincia voglio portare facce nuove». L’onorevole leghista in corsa per il centrodestra unito: via Tasso deve essere più vicina ai Comuni. Le priorità: lavoro, sociale, infrastrutture. «Sono stato secessionista, ma ho un trisavolo ga

(L’Eco di Bergamo/4 aprile 2009)

Voltiamo pagina e «mettiamo davanti la Provincia al presidente». Ettore Pirovano è il candidato unitario del centrodestra per la corsa a Via Tasso: il parlamentare leghista mette sul tavolo le priorità – lavoro, sociale, infrastrutture –, apre alla collaborazione con i privati, mette qualche paletto agli alleati e fa pure outing: «Ho un trisavolo che ha partecipato alla spedizione dei Mille».

Una curiosità: se non si fosse chiuso l’accordo con il Pdl, avrebbe corso lo stesso solo con la Lega?

«Sì, certo. Ma sono ben lieto di essere un candidato di coalizione. Al governo e in Regione abbiamo dimostrato

di saper fare squadra sui grandi obiettivi. Se lo spirito sarà lo stesso, potremo ottenere buone cose per Bergamo. Ora la Lega è molto più forte e magari ce l’avrebbe fatta anche da sola, ma sarebbe stata una vittoria inutile. Serve un consenso più ampio, e con gli alleati è meglio litigare prima per arrivare uniti poi».

Quindi quali paletti mette?

«Io un programma ce l’ho, ma prima di presentarlo devo miscelarlo con quello del Pdl. Però sicuramente non può essere diverso come impostazione da quanto stiamo facendo al governo: sicurezza, tutela del territorio, salvaguardia della nostra gente».

Quanti saranno gli assessori?

«Dieci, come prevede la nuova legge. Quando si pensava potessero essere ancora 12, i miei alleati hanno proposto

una ripartizione 7 a 5».

A favore loro?

«Chiaramente sì, al che ho detto che forse era il caso di aspettare il risultato delle urne. C’è poi chi si è lamentato

del fatto che avessi già presentato la lista il 23 dicembre, sottolineando la necessità di condividere una strategia di collegio. Per me è un discorso che non esiste e vorrei ricordare agli amici del Pdl che sulla scheda ci sarà una lista Lega e una loro: perché dovrei favorirla?».

Realisticamente, Pirovano, potreste anche ritrovarvi alla pari…

«Io sto spingendo per stravincere, così potremo avere maggior potere di scelta in Giunta».

Questo in numeri, ma sugli uomini degli alleati?

«L’ho già detto al Pdl: esigo il diritto di veto, perché se uno non è capace non lo voglio. E dopo dieci anni di amministrazione vorrei anche da loro facce nuove, per segnare una certa discontinuità e la rottura di certi legami».

Quindi se vince…

«Ripartiamo da zero, cercando persone normali: non mi interessano soloni, geni o gente con il torace sempre troppo gonfio. Vorrei gente normale che capisca che, una volta impostato, quello è il programma del presidente e non dell’assessore».

Ohi, ma la Lega non era quella che accusava di personalismo il presidente

Valerio Bettoni?

«Non farò mai un programma che non sia condiviso, questo è chiaro: ma, una volta fatto, non voglio battitori

liberi».

Che idea di Provincia ha in mente?

«Più Provincia e meno presidente ».

Messaggio nemmeno tanto subliminale

a Bettoni?

«Beh, credo che in questi 10 anni sia emerso più lui che l’istituzione. Io penso che la Provincia debba essere un ammortizzatore tra Comuni e Regione, fare cioè squadra con le amministrazioni locali, soprattutto quelle piccole, e aiutarle davvero».

E secondo lei questo non è avvenuto?

«Al di là delle poche cose ottenute per le infrastrutture, dove l’accordo con i Comuni era indispensabile…».

Beh, sulle infrastrutture non si tratta proprio di poche cose, onestamente…

«Ma no, non hanno lavorato male, anche se all’inizio c’è stato un po’ il tentativo di fare il padre-padrone.

Però prendiamo qualche esempio: sulle cave di prestito la Provincia ha reso partecipi i Comuni? Non mi pare

proprio».

Ma lei vede la Provincia come ente regolatore o gestore? Bettoni tra i suoi fiori all’occhiello mette il sistema della società partecipate…

«La Provincia deve riuscire a conciliare i legittimi interessi economici dei privati con quelli dei cittadini, dando dei precisi indirizzi: un ente regolatore, senza dubbio, non un’azienda».

Quindi della multiutility Abm che intende farne?

«Prima voglio capire che c’è dentro, guardare i conti – quelli veri – e le persone in faccia. Dopo, con grande professionalità, dismettere le società inutili e valorizzare quelle che servono al territorio».

A proposito di inutilità: il Pdl vorrebbe abolire le Province, come la mettiamo?

«Non tutte, quelle inutili appunto. Ma non può essere il caso di Bergamo. Credo che con il federalismo, fiscale prima e istituzionale poi, ci saranno spazi di manovra più ampi e precisi. Personalmente non sono innamorato delle Province, ma finché ci sono vanno gestite al meglio».

Lei ha detto di voler un po’ portare la Provincia nella Bassa…

«Vero».

Saranno entusiasti i valligiani…

«Ma nessuno intende penalizzarli, semmai valorizzarne la loro più grande risorsa, quella turistica».

Lo vogliono tutti, di questi tempi…

«Le faccio un esempio: a Roma c’è un ufficio della Provincia che pubblicizza il formai de mùt e il prosciutto di Ardesio:

non so quanto gliene possa fregare ai romani, ma so per certo che uno di Treviglio non sa che ad Ardesio fanno

un eccellente prosciutto».

Turismo uguale Orio al Serio: Bettoni ha lanciato diversi allarmi sulle vostre possibili intenzioni di penalizzare

lo scalo, magari a favore di quella Malpensa vessillo della Lega.

«Non capisco perché lo pensi».

Magari anche perché il primo e finora unico presidente leghista, Giovanni Cappelluzzo, fu il solo a non entrare

nel Patto di sindacato dei soci bergamaschi. È stato Bettoni a riportarci la Provincia.

«Io penso che Orio sia una risorsa da valorizzare al massimo, e su questo non ci piove. Ma serve una strategia precisa sul turismo: credo la cosa migliore sia parlarne insieme e che nei Cda non ci debba andare chi non ha più niente da fare o non sia candidabile in Europa, ma persone che conoscano bene la materia».

Finora, visti i risultati, sembra che la conoscano, eccome…

«Niente da dire, ma ora cosa facciamo di Orio?».

Ce lo dica lei: per esempio acquisterebbe le quote Sea, come ha deciso Bettoni?

«Per farlo ha dismesso quelle della Serenissima, e ho già qualche dubbio in materia. Perché prima, per esempio, potrei fare a meno di qualcosa che c’è in Puglia, per dire… Su Sacbo la Provincia può fare molto senza la necessità di avere una quota predominante».

Quindi non è contrario all’ingresso di nuovi privati?

«Ma proprio per niente: la Provincia può giocare un ruolo ugualmente decisivo senza per forza acquistare quote.

Non ho il mito del controllo pubblico del Patto di sindacato, proprio no».

C’è chi si lamenta del fatto che la Provincia spenda molti soldi in mostre, patrocini, manifestazioni…

«Anche qui voglio vederci chiaro, perché i “si dice” da bar non mi piacciono. Prima voglio vedere cosa c’è nei cassetti, senza andare a cercare scheletri nell’armadio, non è il mio lavoro. È una perdita di tempo e basta. Certo, se poi uno se li trova tra i piedi…».

La lista della Lega è composta in buona parte da sindaci uscenti, pescherà lì per i suoi assessori? Oppure tra qualche esterno?

«Se gli esterni fanno parte del movimento o sono persone già collaudate, nulla in contrario. Comunque ho scelto in gran parte sindaci per due motivi: potenzialmente prendono voti e poi dopo l’esperienza amministrativa sono disincantati e quindi concreti. Gente che sa che c’è anche una burocrazia, quindi tempi e quindi regole…».

Scusi, non ha l’impressione di volare molto basso? Non crede che magari serva anche un sogno per questa Provincia e non solo una concretezza tutta bergamasca?

«Certo che sì, ma i sogni devono anche avere buone possibilità di realizzazione ».

Allora immaginiamo il sogno che vorrebbe aver realizzato nel 2014…

«Che in provincia di Bergamo ci sia una derivazione importante dell’Expo: che una parte delle centinaia di migliaia di visitatori sia arrivata a Bergamo, anche solo per comprare il prosciutto di Ardesio».

Lo sa che potrebbe diventare presidente di una Provincia con il 15 per cento di immigrati?

«Lo so, ma se sono regolari non c’è alcun problema».

Ma questa distinzione regolari-irregolari non può spiegare tutto: tra gli irregolari ci sono in maggior parte donne, bambini, gente onesta che cerca lavoro…

«Ma serve un filtro, qualcosa che impedisca di venire qui a chi non voglia integrarsi».

O assimilarsi?

«No, integrarsi, ma tra estremismi del buonismo e del cattivismo alla fine troveremo una sorta di soluzione. E qui penso che il lavoro sia il discrimine».

Il lavoro lo cercano, e c’è chi scappa da guerre.

«Per la guerra c’è il diritto d’asilo».

Normativa non sempre chiarissima.

«La perfezioneremo dove necessario, e il lavoro purtroppo  non c’è per tutti. Soprattutto in un momento difficile come

quello attuale, dove la nostra gente nelle valli è a piedi. E questo è un problema: oltre l’etica c’è anche la pratica».

Ha intenzione di collaborare con il suo collega di coalizione Franco Tentorio in corsa per il Comune?

«Gli ho già fatto sapere di esser pronto a fare campagna elettorale insieme, e sarebbe la prima volta nella storia.

Dobbiamo creare un senso di collaborazione che poi si sposti nelle istituzioni».

Quindi se vince Roberto Bruni e il centrosinistra offre collaborazione?

«Certo, perché quello che conta è la gente che amministriamo».

Ci dica tre priorità.

«Lavoro, sociale, gestione delle infrastrutture e del territorio»

Come usciamo da questa crisi del lavoro?

«Insieme ai privati e non contro i privati: il lavoro si crea con lo sviluppo, quindi dobbiamo assolutamente collaborare».

Pirovano, quanto è condizionato dalla Lega?

«Fino ad oggi non mi ha mai condizionato nella gestione dell’amministrazione».

Ok, a vittoria conseguita le dicono che deve mettere quell’uomo e non quell’altro…

«Litigo e tanto. E credo anche di aver l’età e il disincanto per poterlo fare»

In caso di vittoria resterà anche alla Camera?

«Sì, le due cariche non sono incompatibili».

Però si parla già di Pirovano presidente a mezzo servizio…

«Quando facevo il sindaco a Caravaggio non l’ha mai detto nessuno».

Lei pensa di vincere?

«I numeri ci sono».

E gli avversari mancano, finora: Pd in alto mare, centristi in attesa, Lista Bettoni pure. A proposito, il presidente in carica non perde occasione per attaccare la Lega.

«E io lo ignoro, sono convinto che sia il modo migliore per farlo imbestialire».

Non le sembra una vittoria potenzialmente troppo facile?

«Cominciamo a vincere, anche se va detto che è brutto non avere un’opposizione. Speriamo che almeno in aula le cose cambino. Di certo lavorerò per modificare il regolamento».

Perché?

«Perché gli interventi non devono essere così prolissi».

La nuova tendenza berlusconiana che avanza: basta perdite di tempo in aula?

«Ma assolutamente no. A Caravaggio l’ho fatto nel 1998, applicando al regolamento comunale quello della Camera,

allora presieduta da Luciano Violante: quindi sono al di sopra di ogni sospetto. Tempi contingentati, riunione dei capigruppo: più tempo per le cose importanti e meno per quelle secondarie».

E le Commissioni: si taglieranno i consistenti gettoni?

«Mi risulta che le cose siano già migliorate con l’introduzione di un tetto massimo indipendentemente dal numero di sedute. La cosa che mi dà fastidio è che ci siano Commissioni che si riuniscono due-tre volte in una settimana per diversi argomenti: ecco, questo cambierà».

Sbagliamo o dovrà giurare sulla Costituzione italiana?

«Beh, non è uno scandalo. Siamo nella Repubblica italiana, stiamo semmai cercando di modificarne i meccanismi».

Non è un secessionista?

«Lo sono stato, perché era piacevole, ma sono sostanzialmente federalista. Diciamo che sono secessionista tanto quanto il mio trisavolo era un garibaldino, quindi un unitario».

Prego?

«Giovan Battista Asperti, disertò dall’esercito savoiardo per partecipare alla spedizione dei Mille. Un vero rivoluzionario».

Scusi, ma…

«Tranquilli, Bossi lo sa».

 

Dino Nikpalj