Crimine abolito : COSA CE NE FACCIAMO DI QUESTA EUROPA ?

ED ECCO ANCORA UN PERCHE’ DELLO SCETTISMO DELLA LEGA SU QUESTO TIPO DI UNIONE EUROPEA CHE CI CONTROLLA LA LUNGHEZZA DEI CETRIOLI, CHE CI VOLEVA TOGLIERE I CROCIFISSI ED ORA VUOLE RIEMPIRCI DI CLANDESTINI…. 

scarcerazione.jpgAnche a Bergamo gli effetti della sentenza della Corte di giustizia europea del 28 aprile, che ha bocciato la pena detentiva per i clandestini che non si allontanano dall’Italia dopo l’ordine del questore. Sono già almeno tre gli immigrati che sono stati scarcerati e fra questi Mohamed, il  tunisino condannato per quattro volte nel giro di due mesi per violazione dell’articolo 14 della Bossi-Fini e la conseguenza della decisione europea sarà l’uscita dalle carceri di tutta Italia di decine di immigrati clandestini.
Gli immigrati vengono affidati alle questure, che valutano caso per caso. La legge prevede che saranno oggetto di un nuovo provvedimento di espulsione in base al quale potranno essere accompagnati coattivamente alla frontiera; nel caso questo sia impossibile, potranno essere trattenuti in un centro di identificazione, salvo che, prima della detenzione, non abbiano raggiunto già il limite massimo di tempo previsto dalla legge, oppure i centri siano già pieni; in questi due ultimi casi – che come facilmente intuibile sono i più diffusi per ragioni logistiche, scarsità di mezzi e difficoltà di identificazione certa – scatta l’ordine di allontanamento. Chi non obbedisce a quell’ordine non potrà più essere arrestato.
Il ministro Roberto Maroni ha annunciato una rapida contromisura tramite un decreto che sarà prestissimo sottoposto al consiglio dei ministri.

Lettere padane : Agenzie per il lavoro ?!?!

Da alcuni anni per trovate lavoro ci si rivolge non più alle varie ditte, ma a specializzate Agenzie per il lavoro presenti oramai in modo massiccio sul territorio.

Le aziende che bisognano di manodopera, preferiscono delegare a terzi l’onere dell’assunzione e stipulazione di contratti di lavoro, e i motivi sono molteplici, il più banale è senz’altro quello inerente al non avere pensieri e noie per eventuali contratti di lavoro non più soddisfacenti.

Fin qui tutto purtroppo rientra nella dura vita delle maestranze in cerca di lavoro, ma che mi lascia con seri dubbi è il curioso e stravagante mondo delle Agenzie del lavoro.

Discorrendo di recente con mie due care amiche, ho preso conoscenza della triste sorte toccata a una di esse, riguardo alla ricerca affannosa di un posto di lavoro.

Ambedue hanno la stessa età, un figlio casualmente coetaneo, titolo di studio identico, ambedue piacenti e con un docile marito, l’unica differenza è che una delle due è di origine non italica.

Nel corso degli ultimi due anni, le due amiche hanno depositato insieme presso tre diverse Agenzie i propri curriculum lavorativi, con richiesta e attesa di lavoro identici.

imagesCAN1NKMY.jpgBene, la ragazza di origini straniera è stata celermente convocata ben otto volte da tutte tre le Agenzie per dei colloqui informativi, e nel corso del biennio ha cambiato vari posti di lavoro per il termine del contratto, ma all’opposto la ragazza con origini autoctone non ha ricevuto nessun tipo di riscontro da nessuna delle tre Agenzie.

Addirittura l’ultimo lavoro della ragazza straniera comportava il compito di addetta al ricevimento in una struttura sanitaria pubblica, benché la lingua italiana da lei parlata sia assai claudicante e variopinta.

Evidentemente i conti non tornano nelle Agenzie del lavoro, e allora ho proposto alla ragazza italiana di provare a manipolare il suo curriculum, assumendo nome straniero e origini caucasiche, e dopo aver spedito al suo posto le domande, ce ne restammo in attesa che almeno una delle tre Agenzie, che l’avevano sempre maltrattata, abboccasse al malizioso inganno.

Dopo soli due giorni tutte tre le Agenzie mandarono mail di richiesta di colloquio, perché in ben quattro aziende urgeva al più presto assumere una persona con le sue specifiche lavorative, identiche però alle precedenti sempre stranamente accantonate, ma spedite da persona non straniera.

Presagendo la commedia, non ho voluto assolutamente perdermi i colloqui della ragazza e la accompagnai nelle Agenzie, e quando tutte le carine ma frastornate hostess notarono che la persona attesa non era per niente di origine caucasica, le scuse estrapolate al momento per tentare goffamente di cambiare il testo della mail di richiesta colloquio, sono state talmente divertenti e strampalate che penso di segnalare le giovinette ad agenti teatrali.

Al seguito del chiassoso trambusto inerente all’effettiva identità della lavoratrice in cerca di lavoro, e la rutilante manipolazione delle specifiche di richiesta manodopera, la mia amica avrebbe voluto defilarsi orgogliosamente al più presto dalle anguste e tetre stanze dell’Agenzia più tragicomica, ma io volevo delle risposte serie e adeguate per spiegare il loro inquietante modus operandi, invece ricevemmo una perentoria, mesta e balbuziente assicurazione di prossima chiamata per un colloquio ex novo, che dopo tre mesi non si è ancora avverato, ma forse con l’Anno Santo in arrivo tutto è possibile.

Se tutte tre le colorite Agenzie hanno rifiutato sdegnosamente anche solo il colloquio con una richiedente lavoro di origini italiane, vuole dire che le tante aziende che delegano a queste ultime la richiesta di cercare e assumere per loro, hanno dato severe e precise disposizioni in merito, e cioè che non si assumono discendenti di Giulio Cesare.

Insomma, in Italia per trovare lavoro bisogna essere di origini non italiane, in barba a tutto e tutti, e in speciale modo all’articolo 4 della oramai obsoleta Costituzione della Repubblica Italiana.

Dato per certo che gli italiani non sono considerati né tanto meno assunti, vorrei lanciare uno straziante appello ai tanti stranieri presenti in Italia, perché si prestino ad adottare legalmente i nostri disoccupati, che finalmente con un nome straniero, i più fortunati magari con discendenza nomade, forse troveranno lavoro.

Bertana da Barbariga

io la penso così (pensierini di uno di “sinistra”)

imagesCAPMVTYY.jpgGiustizia, Costituzione e un partito che fa il bastian contrario per principio.

Allora: il politico Berlusconi a me non piace e non l’ho mai votato. Ho gusti politici di tutt’altro genere: il mio cuore, si sa, batte a sinistra. Bene, espletata la funzione di rito con una premessa divenuta quasi obbligatoria per poter esprimere liberamente le mie opinioni senza essere accusato di “intelligenza con il nemico”, mi tolgo almeno un sassolino dalla scarpa. Il punto è questo: comincio ad averne le scarpe piene! Ma è possibile che il Pd debba dire sempre “no” ad ogni riforma del governo senza mai proporne una propria? È possibile che un partito nato con una vocazione “riformista” debba ridursi a “convocare” continuamente la piazza? E per cosa, poi: per difendere l’esistente? E perché, poi: per un riflesso condizionato, per paura di essere accusato di “inciucismo”, per il timore di perdere voti a favore di Antonio Di Pietro? (da Panorama)

150 anni… monarchia, dittatura, democrazia… la sinistra si prepara a festeggiare 150 anni di opposizione…

Lettere al Blog

Come tutti benissimo sanno, l’articolo cinque della Costituzione Italiana scolpisce che: “  La Repubblica, una e indivisibile…..”.

Niente di più errato e maldestro fu mai scritto, perché chiunque apre e sfoglia serenamente un libro di storia capisce che quelle epiche parole, scritte a seguito della disastrosa e grottesca sconfitta militare Italica nella seconda guerra mondiale, sono solo vane e inutili promesse.  Durante i molti secoli di dominazione Romana si credeva che tutto fosse immutabile per sempre, ma poi arrivarono i selvaggi barbari, cosi sempre erroneamente detti.  Tali dotti e pacifici popoli restarono e prosperarono per quasi cinque secoli, e tutto sembrava immutabile, ma poi arrivarono i Germanici.  Tali figuri restarono tranquillamente tre secoli, e tutto pareva duraturo, ma poi arrivarono altri e altri e altri ancora.  Gli Spagnoli campeggiarono allegramente da noi per oltre duecento anni.   Il brigante Napoleone saccheggiò tutto il possibile per anni, e non pago relegò a ridente borgata turistica la Serenissima Repubblica Veneziana, che da secoli regnava ovunque.  Gli Austriaci sembravano mai volersene andare, ma alla fine furono cacciati dal popolo inferocito a tegolate.   Per non parlare del Regno Borbonico, i vari pittoreschi staterelli autonomi, i Gonzaga a Mantova, gli Sforza a Milano, i Medici a Firenze, sul famigerato stato Pontificio stendo un velo pietoso e altre moltitudini di piccole realtà totalmente autonome.   Come non ricordare per ultimo il tragicomico e casereccio regime fascista Italiano, che addirittura contava gli anni su di un proprio bizzarro calendario, tanto era maldestramente convinto di durare per sempre.

E in tutti questi secoli tutti proclamavano gagliardamente che: “Il nostro dominio è uno e indivisibile…”.

Ora, con solamente centocinquanta anni di vita la Repubblica Italiana si sente eterna.  Certo, fin che dura.

Chi può dire cosa riserva il futuro alle nostre martoriate terre, nelle stravaganti quartine di quel mattacchione di Nostradamus niente è scritto in merito.  Magari tra cento anni San Marino s’infervora, e nazionalizzando tutti i risparmi, lì trafugati da avidi notabili togati nostrani, si arma e conquista l’Europa dominandola  per secoli.   Oltreoceano magari i Sioux escono dalle loro malconce roulotte, e si riprendono il maltolto cacciando a pedate gli strampalati e goderecci yankee, rigettandoli finalmente a mare.  E cosi via per tutto il bizzarro pianeta, niente è per sempre, e sfido chiunque a giurare il contrario.

Adesso per festeggiare questa temporanea unità d’Italia, si sperpereranno inutilmente tanti di quei soldini, che a un paese disastrato economicamente come il nostro, farebbero molto comodo per altre primarie necessità di sussistenza vitale di massa.   Per non contare che dovremmo subire mestamente per mesi i più esilaranti e commoventi discorsi unionisti, e vedere immani banchetti sontuosi con invitati titolati in livrea che gozzoviglieranno senza ritegno, e alzando i calici si abbevereranno brindando alla memoria ed eroismo dei nostri progenitori, gonfiandosi e battendosi orgogliosamente il petto come se fosse merito loro.

Nessuno metterà mai in dubbio la tenacia e il valore dei nostri antenati, ma penso che sia umanamente meglio ricordarli non per le feroci guerre di sterminio e conquista, ma solamente perché hanno resistito e continuato imperterriti sul loro difficile cammino per noi.   Oggi siamo in Italia, domani o tra cent’anni chi può saperlo chi governerà sulle nostre terre. 

Bertana da Barbariga

Dicono di NOI

«Vent’anni dopo la Lega è costretta a ripensarsi»

Il primo libro su Bossi: il Senatur abile a giocare su tanti tavoli e a far convivere gli opposti. «I lumbard al bivio, fra voglia di stabilità e ritorno alle origini movimentiste»

PIB.jpgVent’anni dopo, e ora che è il partito senior della Seconda Repubblica, la Lega deve ripensare se stessa. È questa una delle tesi del libro del giornalista e saggista Giuseppe Baiocchi, «Bossi-Storia di uno che (a modo suo) ha fatto la storia», edito da Lindau e nelle librerie in questi giorni. L’autore, ex «Corriere della Sera», conosce anche i dettagli e il dietro le quinte, i pregi e i difetti del Carroccio: è stato, fra l’altro, direttore della «Padania» dal ’99 al 2002, pur senza essere leghista. Ama definirsi «cristiano senza aggettivi» e il suo libro, con una prefazione del sociologo Giuseppe De Rita, farà discutere. Un racconto del nostro tempo attraverso l’avventura dell’eterno fuoricorso in Medicina, scritto col passo dell’analista storico (Baiocchi è stato assistente di Giorgio Rumi alla Statale di Milano), estraneo sia al pregiudizio sfavorevole sia all’enfasi lumbard. Un libro che, oltre allo spessore culturale e all’indagine raffinata, ha un pregio in più: se sul Carroccio in questi anni sono stati scritti più di 60 libri, quello di Baiocchi è il primo su Umberto Bossi, il condottiero padano alla vigilia dei 70 anni. La narrazione umana e politica di un protagonista – comunque lo si voglia valutare – della Seconda Repubblica, fondatore e padre-padrone della Lega. Ne esce un ritratto inedito e problematico di un personaggio carismatico che, nel bene e nel male, ha cambiato e poi condizionato la geografia politica, influendo pure sul linguaggio pubblico e sul costume politico.
Cominciamo da qui, dal fatto che la Lega si deve ripensare.
«Sì, perché il serbatoio culturale che si era riempito dieci anni fa e su cui ha vissuto di rendita in quest’ultimo periodo adesso è in riserva. Il partito-movimento deve ritrovare un alimento culturale nuovo in tempi cambiati, anche perché nel frattempo la Lega è cresciuta come potere territoriale. E pure rispetto al governo nazionale, di cui è parte, deve ritrovare la sua ragion d’essere. Il problema è che questo bisogno di ripensare se stessa è in un quadro del Paese che trasmette una voglia di voltare pagina, accompagnata però da una stanchezza diffusa e dove non compare all’orizzonte nessun profeta del nuovo».
Deve stabilire cosa farà da grande?
«Esatto».
C’è un paradosso: la Lega è il più vecchio partito, eppure si percepisce e trasmette l’idea di essere sempre «nuovo».
«La Lega vive questa situazione con disagio e sofferenza, con la paura di essere impiccata a ciò che è vecchio, mentre è sempre stata la novità: il paradosso è questo ed è accentuato dal fatto che i lumbard non sono ancora arrivati a fine corsa perché il federalismo, che in ogni caso è un percorso lungo, è ancora tutto da attuare».
Lei sostiene l’idea che la Lega sia l’espressione di un nuovo doroteismo, cioè della corrente moderata della vecchia Dc.
«La mia opinione deriva dal modo con il quale gli amministratori locali della Lega si stanno affermando: bene o male, e a parte alcune eccezioni negative, sono stimati dagli elettori perché sono pragmatici e concreti. In questo modo recuperano, magari senza saperlo e senza ammetterlo, l’antica tradizione di buon senso del doroteismo democristiano. E questo spiega perché siano così duri nei confronti dell’Udc di Casini: è il classico caso dei fratelli-coltelli, di una competizione nello stesso bacino sociale e culturale».
Doroteismo in salsa leghista e combinato con l’essere sindacato del territorio.
«Sì, la forza della Lega è appunto quella di essere sindacato del territorio, ossia di aver quotato sul mercato politico i problemi locali. Ma è anche la sua condanna: va bene solo finché la strategia è alta e non sempre è così».
Lei accredita la Lega anche di un neoguelfismo.
«I lumbard si collocano in una situazione neoguelfa nel senso che si oppongono ai ghibellini del laicismo giacobino. In sostanza, sono legati alla tradizione, alla comunità e al policentrismo tipicamente italiano. La mia idea, tuttavia, è che l’Italia forse non sarà mai una nazione vera e propria, ma certo è una civiltà. E quindi sovrapporre una civiltà padana, autonoma e separata, non regge: questa è una sfida che il partito di Bossi ha davanti a sé».
Scricchiola anche il teorema della Lega di lotta e di governo.
«Roma alla fine digerisce tutto e ormai anche i leghisti sono considerati omologati, una parte del sistema».
Dunque, anche loro partecipi di «Roma ladrona»?
«Non lo so. Hanno sempre un bisogno di differenziarsi: si sono omologati, ma non sono stati digeriti. Credo comunque che, senza andare a talune provocazioni, nell’animo della Lega resti un’istanza di diversità».
Ritiene perciò difficile stabilire un confine fra la posizione di lotta e di governo?
«Guardi, Bossi ha sia il popolo sia il rapporto con la sua comunità. De Rita, che è una persona molto intelligente, nella prefazione al mio libro spiega che il Senatur ha trasmesso ai militanti la sensazione di far parte di un popolo. Credo anch’io che finché Bossi regge, la Lega riesca ad essere al contempo partito di lotta e di governo, perché questo doppio binario sta dentro la sintesi di un movimento di popolo».
Lei, citando Machiavelli, lascia intuire che Bossi, il giorno in cui vede la mala parata, ritornerà al movimentismo delle origini.
«È già successo: in diverse circostanze il leader ha sacrificato un po’ di dirigenti e ha usato la base per sparare contro il quartier generale: alla maniera di Mao. Bossi è sospettoso e la sua diffidenza è leggendaria. Ritrarsi verso le origini? Di tanto in tanto questa tentazione c’è e la base in questo lo seguirebbe. Ritorno alle origini vuol dire anche spregiudicato movimentismo, del resto il capo ha sempre giocato su tanti tavoli».
Questa tentazione, tuttavia, andrebbe a collidere con lo status quo della Lega che governa il territorio.
«Qui si apre un conflitto fra il bisogno di stabilità, richiesto dal potere diffuso degli amministratori sul territorio, e la dimensione esclusivamente politica che è movimentista. Un conflitto aperto e da gestire: Bossi, comunque, è molto bravo a far convivere gli opposti».
Nel libro c’è un cenno all’ipotesi che il declino di Bossi si intravvede dentro il suo mondo.
«Il partito è diviso e mi sembra che le congiure ci siano, più per ragioni di potere che per strategia. Mi riferisco in particolare alla bizzarra ed effimera nomina di Aldo Brancher, lo storico ufficiale di collegamento con Berlusconi, a ministro per l’attuazione del federalismo: nomina e funzione esauritesi in un paio di settimane nel luglio scorso. Però spia evidente della velleità di trasformare il leader in un’icona da esibire e da santificare, mentre la direzione reale del movimento e delle strategie politiche può passare in altre mani».
A proposito di congiure, lei, nel negare che Bossi sia un capopolo alla Masaniello, lo paragona al boemo Albrecht von Wallenstein.
«Sì, siamo sempre nel ‘600, ma nell’Europa della Guerra dei Trent’anni. Wallenstein è l’ultimo dei grandi condottieri: esce dal nulla, conquista un territorio e un principato grazie al suo fiuto politico spregiudicato e alla sua straordinaria capacità di approntare eserciti e di guidarli in battaglia».
Dunque, per concludere: Bossi non è un agitatore effimero, un illusionista plebeo e neppure uno scherzo del destino. Lei che lo conosce bene come lo definirebbe?
«Una premessa: lo malattia lo ha un po’ cambiato. Più comprensivo, talvolta meno spigoloso, più aperto a cogliere e a considerare il peso della dimensione umana, la forza degli affetti, l’indulgenza necessaria per meglio convivere. In certe cose è simpaticissimo, in altre urticante. Come già diceva Montanelli, ha un carattere forte e, come tale, qualche volta si rivela un brutto carattere».

Esibizione di Benigni al Festival di Sanremo. Cosa la pensa la LEGA.

Roberto Benigni, strapagato rappresenta un’offesa a tutti gli italiani. Il comico prenderà oltre 200 mila euro per la sua esibizione; c’è davvero da vergognarsi. Vergogna per la Rai che paga Benigni per leggere l’inno italiano, vergogna per il moralista Benigni, con il soldi dei cittadini, che non perde l’occasione per sparare sul Governo. Benigni dica dal palco dell’Ariston, davanti al pubblico qual è il suo compenso. Lo dica per tutti quei militari che rischiano la vita, lo dica per le forze dell’ordine che quotidianamente sono sul campo a combattere la criminalità. Lo dica ai disoccupati, ai precari, ai pensionati a tutti coloro che lavorano per poco più di un migliaio di euro al mese.

E il presentatore del Festival ha il coraggio di definirlo alla stampa un bellissimo regalo agli italiani. Per caso Morandi ha deciso di pagarlo di tasca sua?

E l’Italia di sinistra tace!! L’Italia del popolo viola, dei centri sociali, di tutti quelli che si indignano e manifestano contro il Governo dov’è? Nascondersi dietro una bandiera, dietro la retorica della ricorrenza dell’unità d’Italia a spese dei cittadini è un gesto di pura ipocrisia. E Belen e la Canalis, per tutte le giornate di Sanremo prenderanno 150mila euro a testa. Morandi 200mila…

 

Question Time / Fisco

QUANTO SOTTRAGGONO AL FISCO LE ESENZIONI PER GLI ENTI ECCLESIASTICI?

La seconda versione del decreto sul fisco municipale reintroduce anche per l’Imu le esenzioni relative alla lettera c e i dell’articolo 7, comma 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 che riguardavano l’Ici. Per gli ignari, si tratta delle esenzioni che si riferiscono agli immobili destinati “esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive,culturali, ricreative e sportive o per uso culturale”.

Nei fatti, sono per la maggior parte strutture religiose, prevalentemente di proprietà di enti ecclesiastici. La condizione ulteriore per il riconoscimento dell’esenzione è che questi immobili non siano destinati, esclusivamente, ad attività di tipo commerciale. La distinzione tra destinazione commerciale e non commerciale è già di per sé sottile: è in pratica difficile distinguere tra un ristorante e una mensa religiosa, tra una struttura recettiva e un albergo. Lo diventa ancora di più quando è sufficiente che la destinazione commerciale sia non esclusiva. L’esenzione rischia però che si introduca una discriminazione fiscale non giustificabile tra imprese che in realtà producono gli stessi servizi per il mercato.

Nel 2005, quando per la prima volta si parlò di estendere l’esenzione Ici alle attività commerciali ecclesiastiche, l’Anci aveva stimato una perdita per i comuni di circa 300 milioni di euro all’anno per i soli immobili di proprietà degli enti ecclesiastici, senza considerare dunque le proprietà di altre confessioni religiose e delle Onlus. La perdita di gettito Imu, data l’aliquota più elevata, dovrebbe essere un multiplo di questa cifra. Di qui la domanda al ministero dell’Economia:

“Quant’è esattamente la perdita di gettito Imu prevista per la reintroduzione delle esenzioni per gli immobili religiosi?” (da La Voce,27-1-11)

Ma l’opinione pubblica non è ostile a Berlusconi

stucchi1.jpgCosì il nostro parlamentare della Lega Nord, e Segretario di Presidenza alla Camera dei Deputati, Giacomo Stucchi :   “Gli strali dei falsi moralisti, che infoltiscono le schiere dei vecchi e nuovi oppositori del Governo, si schiantano con un’opinione pubblica magari disorientata ma di certo non ostile a Berlusconi. Proprio quando si scatena una controffensiva in grande stile, magari pensando che la stessa possa contribuire ad indebolire e isolare il Cavaliere, la maggioranza invece, con l’appoggio del nuovo Gruppo parlamentare dei ‘responsabili’, si rafforza e il Governo ottiene quasi una seconda fiducia con l’approvazione in Parlamento della relazione sulla Giustizia del ministro Alfano. Auspichiamo quindi che questa stabilità sia un buon viatico per l’approvazione definitiva del federalismo fiscale e la sua effettiva entrata in vigore”.

La sinistra anestetizzata dalla lotta al premier

Mai come in questi giorni il Pd ha avuto la prova che il Berlusconismo è stato la trappola che gli ha bloccato in tutti questi anni i movimenti. Dopo un’attraversata del deserto durata più di vent’anni alla ricerca, prima della sua piena legittimazione, poi della conquista senza interposta persona di Palazzo Chigi, il primo partito della sinistra si ritrova al punto di partenza. Nel momento magico per l’opposizione in cui il governo boccheggia, a corto com’è di voti in Parlamento per di più, con una leadership sotto tiro mediatico-giudiziario; in una tale occasione favorevole si appella in pubblico diviso al suo interno, stordito dalle trasformazioni in corso, confuso sul da farsi e con una leadership per lo meno inadeguata.
Si può capire che al momento della sua comparsa, Berlusconi sia sembrato un competitore troppo improvvisato per essere preso sul serio. Un signore senza arte né parte (politicamente parlando), senza storia, senza retroterra e senza classe dirigente che osa lanciare la sfida al più grande partito del Paese, ricco del suo invidiabile patrimonio di storia, di uomini, di quadri, di intellettuali, di radicamento sociale poteva comprensibilmente risultare una sfida troppo facile per non essere colta alla leggera. Non è bastata la clamorosa sconfitta subita a sorpresa nel ’94 per correggere il tiro e realizzare che dietro il Signore delle televisioni si era ricomposto il blocco sociale, sempre risultato maggioritario nell’Italia repubblicana, dell’anti-sinistra.
Il Berlusconismo è rimasto la stella polare che ha guidato la sua transizione, finendo col diventare il diversivo che ha illuso il prima Pds, poi Ds, infine Pd che gli bastasse tenere stabilmente sul banco degli imputati il Cavaliere Nero per promuovere se stesso. Non si è accorto che quella insistente denuncia si stava trasformando in una droga sottile che anestetizzava le sue capacità reattive, il suo corpo, la sua anima e, soprattutto, la sua mente, distogliendolo dal compito storico che lo aspettava di ridefinire identità, storia, memoria, immagine e strategia alla luce degli scenari disegnati da una modernità sconvolgente?
C’è voluta la valanga Marchionne perché il Pd, erede storico del partito – il Pci – che aveva fatto della classe operaia il soggetto collettivo incaricato di costruire il futuro, scoprisse che di questa classe operaia non solo ha perso la rappresentanza, ma la stessa guida. A quasi un quarto di secolo dal crollo della «patria del socialismo» (l’Urss) e dalla falsificazione dell’utopia comunista, si ritrova con le vecchie armi spuntate e le nuove ancora tutte da approntare. Ci si chiede, a questo punto, se il partito decisivo per la costruzione di un’alternativa al centrodestra, senza più l’alibi del Berlusconismo, saprà trovare la forza e le idee per uscire dalla comoda trincea in cui è riparato in questi anni. (da Eco di Bergamo,17-1-2011)

Lo scrittore Claudio Magris sul Corriere della Sera

Sembra incredibile, ma ogni tanto gli uomini, le istituzioni e l’opinione pubblica mostrano anche segni di umana civiltà. Un muratore marocchino che lavora a Brembate di Sopra, è stato sospettato di aver assassinato Yara Gambirasio, la ragazza scomparsa da alcuni giorni; sospettato ingiustamente e poi rilasciato in base alla traduzione sbagliata di una sua frase in arabo detta al telefono.
Non si è scatenata, come purtroppo è avvenuto in altri casi (lo stupro commesso da un romeno che ha creato una feroce psicosi verso i romeni accusati quasi in blocco d’essere stupratori, l’indiscriminata violenza verso gli zingari),
alcuna bestiale caccia al marocchino, non si sono sentiti idioti insulti razzisti rivolti globalmente agli arabi.
La comunità di Brembate di Sopra ha dato in generale un esempio civile oggi più che mai prezioso nel clima teso ed eccitato – anche comprensibilmente, per le difficoltà dei problemi legati all’immigrazione e al contatto fra culture diverse – che stiamo vivendo, in cui spesso si sentono risuonare selvagge parole di odio generico e si assiste a violenze gratuite.
Non sarebbe male se tutta l’Italia, sotto tale profilo, assomigliasse a questa Brembate…. (cittadina con amministrazione LEGHISTA)

Quando il “buonsenso” prevale…

Immigrati, scatta il test d’italiano

Dal 9 dicembre, per ottenere il permesso europeo (l’ex carta di soggiorno) sarà necessario effettuare anche un test di lingua italiana. Un provvedimento che in Bergamasca potrebbe interessare fino a 15 mila stranieri. La carta può essere richiesta da chi risiede in Italia da almeno cinque anni e offre più vantaggi del semplice permesso rinnovabile…..

BOSSI a S.OMOBONO

bossi bello con microfono.jpg“Secondo me Berlusconi vuole andare al voto, perciò gioca al ribasso. Io giocherei invece al rialzo”: lo ha detto Umberto Bossi a Sant’Omobono Terme domenica pomeriggio. Il leader della Lega rispondendo sulla possibilità che Fini accetti un Berlusconi bis, ha affermato: “A me Fini ha detto che non gli dà fastidio vedere Berlusconi fare il presidente del Consiglio”.
Il ministro scherza e quando i cronisti fanno i nomi del successore del premier risponde: “Chi potrebbe sostituire Berlusconi? Io, e poi vedete….”.

Sondaggi: centrodestra stabile

sondaggio.jpgSecondo l’ultimo sondaggio che è stato realizzato il 24 e 25 ottobre da Euromedia Research  il Popolo della Libertà si attesta tra il 29 e il 31 per cento, stabile rispetto alla precedente rilevazione. Stabile la Lega Nord tra il 12 e il 14 per cento. La Destra è tra l’1 e il 3 per cento. Il totale della coalizione di Centrodestra varia dal 42 al 48 per cento.

L’Udc è stabile tra il 5,5 e il 7,5. Futuro e Libertà per l’Italia di Gianfranco Fini sfiora il 4,5 per cento. Totale della ipotetica coalizione di centro 8 – 12.

Il Partito Democratico è fermo tra il 24 e il 26 per cento. L’Italia dei Valori è in contrazione tra il 6 e l’8. Sinistra Ecologia Libertà di Nichi Vendola è tra il 4 e il 6. Il totale per il Centrosinistra è  fra i 34 e i 40 punti percentuali.

La Federazione della Sinistra (Rifondazione e Comunisti Italiani) e al 2 – 3 per cento. Mentre il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo è tra il 2,5 e il 3,5 per cento.

A conti fatti, alla Camera la vittoria del centrodestra sarebbe praticamente sicura mentre al Senato molto potrebbe dipendere dalle alleanze.

Immigrazione… e qualcuno si ostina a non chiamarlo problema !!

imagesCA13LREO.jpgIn 20 anni, gli immigrati regolari in Italia sono aumentati di 20 volte: erano mezzo milione nel 1990, sfiorano i 5 milioni nel 2010. Insieme al numero degli immigrati, anche a causa della crisi, «sono aumentate le reazioni negative, la chiusura, la paura», nei loro confronti da parte degli italiani. Lo afferma l’annuale rapporto sull’ immigrazione della Caritas Italiana e della Fondazione Migrantes, giunto alla ventesima edizioneUn immigrato su quattro vive in Lombardia (982.225; 23,2%). poco più di un decimo nel Lazio (497.940; 11,8%). Segue il Veneto (480.616; 11,3%) e l’Emilia Romagna (461.321; 10,9%).  Roma (405.657) perde il primato di provincia col più alto numero di immigrati a vantaggio di Milano (407.191)…

imagesCAFEKFAY.jpg….In Lombardia risiedono un milione e 136 mila stranieri. L’incremento nell’ultimo anno è stato dell’8,6%, ed è la prima regione d’Italia per numero di immigrati (23% del totale), seguita a lunga distanza dal Lazio con poco meno di mezzo milione. A Milano abita il 41% del totale regionale degli immigrati, seguita dalla provincia di Brescia (16%) e da quella di Bergamo con l’11%. Un quarto dei permessi di soggiorno italiani si concentra in Lombardia e la metà sono di donne.
La Lombardia conta naturalmente anche la più alta quota italiana di studenti stranieri che frequentano la scuola. Nella scuola primaria lombarda gli alunni stranieri che sono nati in Italia raggiungono addirittura il 55%. Alle media invece il 24%, mentre nella scuola superiore in Lombardia arrivano all’11%. In provincia di Bergamo gli iscritti stranieri nelle scuole sono 19.819.

 

 

telgate.jpg…Nella Bergamasca abitano 111.083 stranieri e l’aumento negli ultimi otto anni è stato del 279%. I dati del Rapporto Caritas-Migrantes. Così si scopre che il comune d’Italia con la maggior presenza di immigrati è quello di Telgate, in provincia di Bergamo (comune con amministrazione leghista !), ormai da anni tra i primi nel nostro Paese. All’anagrafe di Telgate risultano infatti iscritti 1.233 stranieri, su una popolazione complessiva di 4.849 abitanti.

pedretti.jpgRoberto Pedretti, consigliere regionale della Lega pone l’accento sui timori: “L‘aumento della paura io lo vedo come inevitabile qui da noi dove appunto c’è il maggior numero di stranieri”. Inevitabile, secondo Pedretti, per due motivi: “Il primo è che siamo nel bel mezzo di una crisi con le fabbriche che chiudono o si spostano e il lavoro scarseggia per i lombardi, figuratevi per gli stranieri. I quali, ed è il secondo motivo, se arrivano e non trovano oppure perdono il posto delinquono: basta guardare i telegiornali per capire che la maggior parte dei  reati sono compiuti da stranieri. Ovvia la paura. Inevitabile la chiusura”.
Il consigliere lumbard chiede dunque più rigore nei controlli: “Non può arrivare chi non ha lavoro, altrimenti il risultato è quello che vediamo. E poi, diciamolo anche ai sindacati di cambiare atteggiamento (anche se a loro fa comodo iscrivere gli stranieri visto che gli italiani non prendono più la tessera). Se gli italiani non vogliono più fare determinati mestieri bisogna fare in modo che questi mestieri vengano pagati di più e in questo i sindacati possono essere coinvolti”.

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MA LE LEGGI LE FA IL PARLAMENTO O LE FANNO I GIUDICI ??

imagesCA7ZJH7G.jpgImmigrati irregolari con figli. I giudici: più difficile espellerli

Nell’interesse dei minori stranieri, la Cassazione, a Sezioni Unite, abbassa considerevolmente il rischio di espulsione per i genitori immigrati irregolari. D’ora in poi, se riceveranno il foglio di via per aver commesso reati o per mancanza di documenti (non è la stessa cosa !!), difficilmente potranno essere rimpatriati. Infatti la Suprema corte ha a cuore anche la tutela dei bambini immigrati.

Questa propensione era già emersa in due recenti sentenze, che non avevano però evitato dei dietrofront: per fare chiarezza gli ermellini si sono riuniti nel massimo consesso. Così la Suprema corte ha accolto il ricorso di una madre africana condannata per sfruttamento della prostituzione e per questo raggiunta da un foglio di via.
OSSIA I FIGLI SONO IL SALVACONDOTTO A DELINQUERE PER GLI IMMIGRATI…. COMPLIMENTI, ERMELLINI !!!!