Lega da sola alle prossime amministrative. Poi il congresso nazionale

giorgetti.jpgIl 22 gennaio in piazza Duomo, Bossi aveva già preannunciato la fine dell’alleanza con il PdL. Bossi a Bergamo ha confermato che ora la Lega Nord passa ai fatti. Il consiglio nazionale della Lega lombarda ha infatti deciso che alle prossime amministrative il Carroccio andrà da solo. I candidati che si presenteranno alle elezioni in primavera potranno allearsi solo con liste civiche. Sarà quindi tutto da verificare  quello che succederà nei diciannove Comuni della bergamasca che saranno chiamati al voto in primavera.

Sempre il 22 gennaio, il consiglio federale aveva anche deliberato la convocazione dei congressi nazionali padani entro giugno per le elezioni di nuovi segretari nazionali. Piemonte e Romagna terranno i loro congressi il 10 e il 18 marzo, mentre il consiglio nazionale lombardo ha deciso che il suo congresso, per eleggere il nuovo segretario della Lega Lombarda, si terrà dopo le amministrative di primavera, per evitare sovrapposizioni con il voto locale (in Lombardia si terranno le comunali a Monza e Como). Il 25 febbraio si terranno, nelle province più grandi, le primarie per eleggere delegati ai congressi provinciali che a loro volta, l’11 marzo, eleggeranno i delegati al nazionale.
Giancarlo Giorgetti, attuale segretario della Lega Lombarda, dalla quale Umberto Bossi fece nascere, nel 1991, la Lega Nord, e’ in carica dal 2002. Candidato alla successione è sicuramente l’onorevole Giacomo Stucchi, parlamentare bergamasco, che in estate ha sfiorato la nomina di capogruppo alla Camera, ma ci sarà anche il suo amico e collega bresciano Davide Caparini.

LUCIANO ANDREUCCI : Il federalismo è necessario all’unità della nazione

federa.JPGQuando si accenna alla Padania e alla Secessione molti politici e commentatori mediatici irridono e parlano di astrazione per la prima e di eversione per la seconda. È opportuno fare alcune considerazioni legittimamente espresse in base all’articolo 21 della Costituzione che garantisce a ognuno di formulare la strutturazione dello Stato per lui ideale.
All’epoca del Risorgimento la stragrande maggioranza delle popolazioni, analfabete in gran misura, degli Stati della Penisola a stento aveva nozione dell’Italia come area geografica, ma non concepivano minimamente un progetto politico finalizzato all’Unità, solo una ristretta cerchia di intellettuali e uomini colti vagheggiava uno Stato unico. Tenuto conto che si ha una Federazione laddove lo Stato centrale è l’unico depositario della sovranità e delega agli stati membri, privi di sovranità, alcune funzioni mentre in una Confederazione ciascun Stato membro conserva la propria sovranità, affidando alcune funzioni allo Stato centrale, l’Italia propugnata era in sostanza una Unione Confederata degli stati esistenti, a guida sabauda per il Balbo, pontificia per il Gioberti e per il Cattaneo una unione paritaria, gli Stati Uniti d’Italia.
Attualmente, a differenza di allora, la stragrande maggioranza della popolazione è istruita e per la elevatissima informazione mediatica è cosciente del progetto politico riguardante l’area geografica della Padania indipendentemente dalla condivisione o meno dello stesso.
La Padania è tutt’altro che una astrazione. Una sia pur fugace riflessione sul fatto che, ad esempio, la Lombardia produce oltre il 20% del Pil nazionale e che il Meridione sopravvive con sovvenzioni che si attuano anche con trasferimenti dal nord al sud e che, a tutt’oggi, non gli hanno permesso di raggiungere un’autonomia economica, essendovi una permanente situazione dunque di sterile assistenzialismo. Si può comprendere come tentazioni separatiste possano guadagnare consensi e come una scintilla può incendiare una prateria.
Quanto al connotato eversivo, è ingeneroso sostenerlo in quanto la via prospettata è democratica progettandosi o l’accordo, come avvenuto in Cecoslovacchia, o a mezzo di referendum come è stato tentato nel Quebec canadese. Quando la Slovenia e la Croazia si sono volute staccare dalla Jugoslavia, questa opzione è stata ritenuta un loro sacrosanto diritto, nel mentre se si prospetta una diversa strutturazione dello Stato italiano, che nessuna Costituzione per quanto rigida e formale può impedire che sia vagheggiata, ciò viene inteso come un atto eversivo e di aggressione.
Il presidente Napolitano ripercorre nel suo ultimo libro i momenti salienti dell’Unità d’Italia con una più o meno agiografica ricostruzione degli eventi, d’altra parte giustificata dal ruolo istituzionale che ricopre. Ci dovrebbe però spiegare in base a quali principi di diritto internazionale e dello jus gentium lo Stato sabaudo si arrogò il diritto di fagocitare, con una guerra di conquista, tutti gli altri Stati italiani legittimamente esistenti da secoli. La dura repressione del brigantaggio, che egli annovera come uno dei successi immediati dell’unificazione, mascherò in effetti anche la repressione contro coloro che si battevano in difesa del loro Stato e che, volenti o nolenti, dobbiamo riconoscere che furono a loro modo dei patrioti. C’è da chiedersi come a 150 dall’Unità, sparito il brigantaggio, la Sicilia, la Calabria, la Puglia e la Campania presentino un tessuto economico e sociale e quindi politico, fortemente condizionato dalle mafie locali che allungano i tentacoli ormai anche nelle altre regioni. In base alle sopraesposte ragioni è evidente che possono sorgere tentazioni separatiste quando una Lombardia da sola potrebbe essere uno degli Stati più ricchi d’Europa.
È necessario pertanto pervenire ad un federalismo corposo e sostanziale quanto prima se si vuole mantenere l’unità della Nazione, perché in caso contrario non ci troveremmo più sul tappeto solo una questione meridionale o una questione settentrionale, ma una questione italiana.

La domanda del momento

stucchi.jpg“In un Paese che sta affondando la Lega Nord cerca di impedire le scelte sbagliate di chi è entrato nella stanza dei bottoni senza chiedere il consenso ai cittadini. In tal senso la nostra grande assemblea di popolo, convocata per il prossimo 22 gennaio a Milano, sarà di certo una grande occasione per protestare contro un Governo, frutto di manovre di Palazzo, che vuole togliere i soldi al Nord per continuare a rimpinguare le casse di uno Stato sprecone e centralista”. A dichiaralo è il deputato Giacomo Stucchi, che in un post pubblicato sul suo blog (http://giacomostucchi.blogspot.com/) scrive: “Dopo aver negato la pensione, a chi ne aveva già maturato il diritto, e dato una mazzata micidiale all’economia, con una manovra sbagliata tutta lacrime e sangue, il governo Monti si appresta ora ad approvare nuovi provvedimenti che mirano solo a penalizzare alcune categorie senza innalzare di un millimetro l’asticella della crescita. La cosiddetta “fase due”, della quale tutti nella maggioranza parlano ma senza dire (e forse nemmeno sapere) esattamente a cosa intendono riferirsi, sembra essere più uno spot ad uso e consumo dei mass media, compiacenti del presidente del Consiglio, che non un serio e concreto programma di governo per uscire dalle secche nelle quali i banchieri e i tecnici insediatisi a Palazzo Chigi hanno portato tutti noi.
“Frattanto – prosegue Stucchi – lo spread continua a rimanere alto, non lontano dagli stessi livelli che portarono alle dimissioni del governo Berlusconi, e i tassi sui titoli di Stato stanno sopra la soglia di sicurezza. Per non parlare poi delle notizie negative che arrivano anche sul fronte delle agenzie di rating. Come se non bastasse sono poi arrivate anche le dimissioni dal governo (dopo solo 44 giorni!) del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Malinconico, sotto accusa per una vicenda che dovrà sicuramente essere chiarita. Inspiegabilmente però né le forze politiche che appoggiano Monti, né i sindacati, né tanto meno Confindustria, che sembra peraltro aver dimenticato i continui appelli a “fare qualcosa”, chiedono le dimissioni del governo in carica.
“Cosa aspettano? Dove vogliono arrivare, prima di rendersi conto del grave errore commesso con l’appoggio a questo governo?- chiede il deputato bergamasco -. Se può essere comprensibile, almeno in parte e comunque solo dal loro punto di vista, l’atteggiamento di Bersani e Casini di restare dietro le quinte del governo Monti, ma comunque sempre in prima fila e in posizione di vantaggio rispetto al ruolo nel quale gli elettori li avevano relegati in questa legislatura, la domanda da porsi è un’altra: cosa aspetta Berlusconi a staccare la spina? I tantissimi mal di pancia di molti dirigenti del suo partito, ma anche i malumori ormai conclamati di gran parte del suo elettorato, che oltre del governo si è visto anche scippato dei temi e del programma per il quale aveva votato il Pdl, dovrebbero ormai aver convinto il Cavaliere che Monti e i suoi tecnici non costituiscono la soluzione per portare il Paese fuori dalla crisi”.

Il federalismo fiscale è (sarebbe) vicino ai primi traguardi

Arriva il censimento delle spese per i Comuni : per quelli che sprecano non ci sarà più alibi.

federalismo-fiscale,spesa-standard,commissione-federalismo,Il federalismo fiscale è vicino ai primi traguardi. Il cuore della riforma, è stato ripetuto più volte, è il superamento di quarant’anni di dominio incontrollato del criterio della spesa storica. Da questo punto di vista il federalismo fiscale è una riforma che si misura sulla distanza, i cui effetti non si vedono nell’immediato. Ma ci sono riforme die servono a tranquillizzare i mercati e gli investitori sulla volontà del nostro Paese di superare le sue più gravi anomalie, come ha rilevato Mario Monti nel suo discorso programmatico al Senato. Quando è stato emanato, il decreto che superava la spesa storica con i fabbisogni standard non ha fatto notizia. Forse è anche comprensibile, perché in quel decreto non c’erano numeri ma solo criteri complessi e un metodo di lavoro indicati alla Sose (che negli anni ha già prodotto gli studi di settore per 3 milioni di contribuenti) e all’Ifel per procedere alla standardizzazione delle sei funzioni fondamentali di comuni e province. A distanza di un anno, per effetto del lavoro svolto, iniziano ad arrivare i primi risultati, da sottopone al vaglio della Copaff e della Commissione bicamerale sul federalismo fiscale. Per febbraio-marzo dovrebbero essere pienamente operativi. Ora i dati inizieranno a fare notizia e si incomincerà a capire il federalismo fiscale.
Dall’approvazione della legge delega n.42/2009 sono passati più di due anni. Ma non è un tempo irragionevole, anzi è ragionevolissimo, perché si tratta di superare le incrostazioni di quarant’anni di spesa storica. Fare dall’oggi al domani avrebbe sicuramente prodotto guasti maggiori di quelli che si volevano superare. Il lavoro ha coinvolto i 6.700 comuni delle regioni ordinarie che hanno risposto tutti al primo questionario e ora consegneranno il secondo. Sono questionari impegnativi: l’ultimo, sulle funzioni di amministrazione generale, conta circa 400 domande, che spaziano dal personale fino ad arrivare alle partecipate. Ogni informazione è funzionale alla definizione del fabbisogno standard, che avviene quindi sulla base di un numero elevatissimo di variabili (la dimensione demografica, i modelli organizzativi e altro). Con la spesa storica nulla di tutto ciò è mai avvenuto ed esistono comuni che prendono fino a 6-7 volte il pro capite di altri senza che nessuno studio sul fabbisogno effettivo sia mai stato effettuato. Ora iniziano a essere disponibili i dati sulla funzione «polizia locale» ed emerge che la spesa è alquanto eterogenea: nella fascia dei comuni di 50 mila abitanti c’è una spesa che oscilla tra i 10 e i 120 euro prò capite; in quella dei comuni di 20 mila abitanti tra i 4 e i 170 euro prò capite. L’oscillazione dipende da numerosi fattori: gestione del personale, polizia locale armata o meno, convenzioni con le altre forze dell’ordine…  Si aprono importanti possibilità di razionalizzare la spesa: la standardizzazione offre un elemento nuovo alla politica e ai cittadini. Alla politica locale perché potrà considerare le best practice, alla politica nazionale perché potrà orientare la perequazione sui fabbisogni effettivi e non sugli sprechi, ai cittadini perché potranno misurare le proprie amministrazioni. (Luca Antonini – Panorama 50/11)

Stucchi: a pagare sarà come sempre il ceto medio del Nord

stucchi pp serio.jpg“Non sappiamo se, come dice il presidente del Consiglio Mario Monti, il suo esecutivo servirà alle forze politiche che lo sostengono per ‘riconciliarsi’, ma di sicuro a pagare per le decisioni che prenderà saranno sempre i soliti cittadini del nord”. Lo afferma il parlamentare bergamasco della Lega Nord Giacomo Stucchi.

“Ad avere la peggio saranno i pensionati con quarant’anni di contributi, ai quali sarà negato il loro diritto di andare subito in pensione; i proprietari del proprio appartamento, acquistato con enormi sacrifici, che saranno considerati benestanti, quindi da stangare; o le imprese alle quali viene negato un credito a tassi che non siano da usura. La verità è che dicono di voler salvare il Paese ma intanto smantellano le riforme, in primis il Federalismo – vero obiettivo di tutta la manovra – varate dal governo di centrodestra eletto dal popolo, piazzano i loro uomini nei gangli del potere, cominciano a porre le condizioni per favorire gli interessi dei soliti noti e cercano di scomporre l’attuale quadro politico per crearne uno nuovo a tavolino”.

Leggi il DL : Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici.docx

L’indipendenza della Padania inizia ad essere presa in considerazione dai tedeschi

Fontana_lorenzo.jpg“Le forti oscillazioni borsistiche degli ultimi giorni, caratterizzate da una tendenza complessivamente orientata al ribasso, hanno prepotentemente riportato all’attenzione dell’opinione pubblica il dibattito su alcuni elementi caratterizzanti le problematiche economiche più recenti: controllo del debito sovrano, speculazioni sui mercati ed instabilità dell’eurozona”. A proposito del ruolo della moneta unica, interviene Lorenzo Fontana, europarlamentare della Lega Nord: “L’euro, simbolo della presunta unità europea, ha già influito negativamente sulla quotidianità della gente arrecando una grave perdita del potere d’acquisto. E, progressivamente, tutte le implicazioni negative stanno emergendo inesorabili. L’attuale struttura dell’eurozona – continua l’eurodeputato del Carroccio – non permette alle economie delle macroregioni più virtuose di poter ambire a superare brillantemente l’attuale momento di stagnazione, visto che le regioni meno competitive rappresentano un motivo di deficit non indifferente. A questo punto, ritengo doveroso riflettere attentamente e senza pregiudizio alcuno sulla possibilità di introdurre una doppia velocità associata alla moneta unica: una soluzione di questo tipo sarebbe in grado di rappresentare fedelmente la struttura e le esigenze delle economie macroregionali. Riguardo al caso italiano, l’area padana, dotata di caratteristiche simili all’area geoeconomica tedesca, potrebbe sostenere i vincoli stringenti imposti dal rigore di bilancio; l’area peninsulare, invece, potrebbe attrarre investimenti e flussi turistici cospicui in virtù di una moneta più debole, traendo evidenti vantaggi da una svalutazione di questo tipo”. Fontana conclude affermando che “come si deduce da recenti pubblicazioni, tra cui l’editoriale dell’ultimo numero della rivista di geopolitica Limes e dai numerosi colloqui avuti con gli addetti ai lavori in ambito comunitario, i tedeschi stanno prendendo in seria considerazione l’ipotesi di un euro a doppia velocità, in cui una Padania indipendente sarebbe parte integrante dell’area in grado di sostenere una moneta forte”.

FEDERALISMO, approvato l’ottavo (e ultimo decreto)

federalismoBene che sia stato approvato il decreto su “premi e sanzioni” (l’ottavo) a conclusione del primo processo di adempimento della legge delega sul federalismo fiscale. Lo rileva il vicepresidente della Commissione bicamerale, sen. Paolo Franco che sottolinea il grande merito al lavoro del Ministro Roberto Calderoli e della Commissione. ”L’unico neo – precisa Paolo Franco – non di poco conto, riguarda le modifiche che i relatori La Loggia e Misiani hanno voluto apportare all’articolo 12 del testo originario. Questo stabiliva – spiega – nel primo comma, le modalità per cui, secondo analisi ISTAT venissero identificati e presunti i livelli di evasione fiscale che insistono in ogni singola regione”. Non solo, aggiunge il senatore del Carroccio ”nel secondo comma teneva conto, ai fini dell’accesso al fondo perequativo, dei risultati conseguiti nell’azione di contrasto dell’evasione fiscale. Queste finalità sono state ammorbidite e, a mio avviso, vanificate, anzi il secondo comma è stato completamente cassato nel parere dei relatori. Il mio rammarico consiste nella conferma che la giusta attribuzione di responsabilità in ordine al grave problema dell’evasione stenta sempre, in questo Paese, a trovare il dovuto spazio, soprattutto – sottolinea infine – nel rispetto dei cittadini che pagano regolarmente le imposte dovute, al contrario delle frequenti posizioni politiche che invece, a parole, affermano la necessità di combattere questo fenomeno”.

L’integrazione non può essere a senso unico

Il consigliere regionale della Lega Roberto Pedretti risponde al direttore della Caritas don Visconti in merito all’accoglienza dei profughi nordafricani.

pedretti.jpgAppare evidente, dalla parole di Don Claudio Visconti, il fallimento di un sistema. Non siamo stati capaci di aiutare i popoli a casa loro ed ora cerchiamo di mettere una toppa ad una “nave” che fa acqua dappertutto.
Ritengo non si possa “sognare” l’accoglienza e l’integrazione partendo dal presupposto che le nostre comunità, la nostra gente “debbano” avere l’obiettivo di mettere a disposizione un alloggio per i profughi. 
L’integrazione non può essere a senso unico: sia i migranti, sia i profughi, sia la maggior parte degli immigrati non vuole integrarsi a noi. Questo è un dato di fatto oggettivo. Se poi vogliamo imporci il pensiero che l’integrazione debba significare che siamo noi che dobbiamo adattarci a loro, credo che non ci possa essere spazio per il dialogo. Facile pensare che chi chiede il rispetto delle nostre regole possa essere tacciato per il razzista di turno, per l’ottuso, per colui che si chiude di fronte alle diversità.
Intravedo un meccanismo occulto, quasi perverso, di chi a tutti i costi vuole una società multietnica. Un fatto questo certamente disgregante per la nostra cultura, per le nostre tradizioni costruite e tramandate in questi secoli di storia. Lo status di profugo dovrebbe essere temporaneo, ma quanti di loro torneranno nella terra da cui son fuggiti? In un Paese dove le regole non vengono rispettate, dove la giustizia appare sempre più ingiusta, dove l’essere extracomunitario, profugo o immigrato ti garantisce di più che essere italiano, crediamo davvero si possa parlare di integrazione?
Qualcuno può anche obiettare che anche noi Bergamaschi siamo stati emigranti. Vero, Ma altrettanto vero che i nostri emigranti hanno scelto di integrarsi umilmente laddove siano andati a lavorare. Epoche diverse dalla nostra, poco paragonabili, se non per il fatto che i nostri Emigranti non hanno “invaso” le altrui culture e tradizioni.
Certo, gestire l’emergenza profughi non è facile, ma possiamo, senza essere additati come razzisti pensare ai nostri figli che non trovano lavoro? Ai nostri anziani che fanno fatica ad arrivare a fine mese?
Ci sono i nostri anziani che chiedono da anni un alloggio popolare, pagando regolarmente l’affitto e non riescono ad ottenerlo perché scavalcati da famiglie non italiane che risultano avere una migliore posizione nelle graduatorie per l’assegnazione. Se poi qualcuno paventa l’ipotesi di fissare delle regole più garantiste per i nostri, apriti cielo; si scatenano tribunali ed “eserciti” di carte bollate! In uno stato in cui la disoccupazione sfiora il 9%, in un periodo in cui la crisi mondiale ha toccato e tocca le nostre fasce più deboli, siamo certi che la soluzione al problema profughi sia dar loro un alloggio?
Il messaggio che passa dalle parole di Don Visconti sembra voler dire: “armiamoci e partite”; d’altra parte non mi pare che la Caritas faccia tutto ”gratis et amore Dei”. Per qualcuno il fenomeno dell’immigrazione è diventato un business, no solo in termini economici, ma anche in termini politici e sociali. Purtroppo l’Europa si è fatta cogliere impreparata nei confronti della crisi degli Stati Africani e nei confronti dell’immigrazione; impreparata e colpevole di aver lasciato che questo fenomeno fosse imposto e non accompagnato e gestito. L’Europa dei burocrati pensa più a creare un sistema che si auto alimenti che alla tutela dei Popoli che la costituiscono al loro sviluppo. Le direttive comunitarie troppo spesso risultano essere solo dei fardelli per gli stati membri. Il popolo Bergamasco si è sempre dimostrato solidale, ma non credo sia disposto ad accettare l’invasione incontrollata. Certo qualcuno vorrebbe facessimo tutti gli struzzi, ma non possiamo essere talmente ipocriti e far finta di nulla.

Roberto Pedretti

La Capitale Reticolare

Interessante per molti sarà scoprire l’allegato studio del 1993 (!!!) dal titolo “La Capitale Reticolare” fatto dalla Fondazione Agnelli. Questo studio illustra la convenienza nell’avere le sedi dei ministeri dislocati sul territorio e non concentrati in un unico luogo come già avviene in molti paesi.  La_capitale_reticolare.pdf 

e da “Federalismi” un interessante articolo del 2008 sul decentramento territoriale in Italia ed Europa, I contributi pubblicati sono stati elaborati nell’ambito di un progetto di ricerca nazionale (PRIN 2005, “E-government, democrazia, libertà, servizi ai cittadini e alle imprese, decentramento territoriale in Italia e in Europa”, coordinatore nazionale Beniamino Caravita) che si proponeva di monitorare l’evoluzione legislativa, giurisprudenziale e dottrinale delle politiche di e-government nel quadro delle trasformazioni indotte, da un lato, dalle politiche europee per il consolidamento di una società fondata sulla conoscenza e, dall’altro, dalla riallocazione delle responsabilità politiche e amministrative nella repubblica delle autonomie ridisegnata dalla revisione costituzionale del 2001 :  e-governmet.pdf